Detenuto tenta il suicidio, salvato dalla Penitenziaria nel carcere di Larino

Ristretti mar 14 agosto 2018

Termoli, Larino Un altro si lesiona il corpo con una lametta.

Cronaca di La Redazione
2min
Il carcere di Larino ©TermoliOnLine
Il carcere di Larino ©TermoliOnLine

LARINO. Detenuto tenta il suicidio in carcere: salvato dalla Polizia Penitenziaria. Un altro si lesiona il corpo con una lametta.

Ha tentato di uccidersi nel carcere di Larino dove è detenuto, ma l’uomo è stato salvato dal tempestivo intervento degli Agenti di Polizia Penitenziaria in servizio. E’ accaduto giovedì scorso e a darne notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe che plaude al provvidenziale intervento degli Agenti di servizio.

“Un detenuto italiano ristretto nella Sezione Reclusione del carcere ha tentato il suicidio ma è stato salvato dal tempestivo intervento del poliziotto e degli altri detenuti.Accompagnato, prima alla locale infermeria e poi trasferito in ospedale a Termoli. Il detenuto non era comunque in pericolo di vita. Il giorno seguente è stato trasferito”, evidenzia Donato Capece, segretario generale del Sappe. “E’ solamente grazie ai poliziotti penitenziari, gli eroi silenziosi del quotidiano a cui va il ringraziamento del Sappe per quello che fanno ogni giorno, se il numero delle tragedie in carcere è fortunatamente contenuto. Teniamo conto che il giorno successivo un detenuto straniero, come forma di protesta per non essere accontentato dai medici ad essere operato di vene varicose ad entrambe le gambe, si procura tagli alle medesime, lui stesso. Sempre grazie alla tempestività di agenti e anche di detenuti si è scongiurato il peggio. Interventi anche in prima persona da parte di colleghi per tamponare la fuoriuscita di sangue che era abbastanza consistente. Anche per lui primo soccorso in infermeria e poi intervento del 118 con relativo trasporto in ospedale a Termoli”.

“E’ evidente a tutti che è necessario intervenire con urgenza per fronteggiare le costanti criticità penitenziarie. Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti”. Capece sollecita l’Amministrazione Penitenziaria a intervenire: “Da tempo il Sappe ha denunciato, inascoltato, che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della Polizia Penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza di personale – visto che le nuove assunzioni non compensano il personale che va in pensione e che è dispensato dal servizio per infermità -, il mancato finanziamento per i servizi anti intrusione e anti scavalcamento. Lasciare le celle aperte più di 8 ore al giorno senza far fare nulla ai detenuti – ne lavorare, ne studiare, ne essere impegnati in una qualsiasi attività – è controproducente perché lascia i detenuti nell’apatia: non riconoscerlo vuol dire essere demagoghi ed ipocriti.

La realtà è che sono state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente continuano a stare ristretti in carceri minorili. Mancano Agenti di Polizia Penitenziaria e se non accadono più tragedie più tragedie di quel che già avvengono è solamente grazie agli eroici poliziotti penitenziari, a cui va il nostro ringraziamento. Ora serve un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese. Nelle carceri c’è ancora tanto da fare: ma senza abbassare l’asticella della sicurezza e della vigilanza, senza le quali ogni attività trattamentale è fine a se stessa e, dunque, non organica a realizzare un percorso di vera rieducazione del reo”.

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