Tunnel, il dossier a Palazzo Chigi e i Comitati arringano alla lotta
TERMOLI. Pur in assenza della colonna portante Marcella Stumpo, i promotori dei Comitato No Tunnel hanno incontrato la stampa questa mattina per fare il punto della situazione, nel giorno in cui comincia la partita capitolina.
"La convocazione di questa conferenza stampa nella data di oggi 4 dicembre 2017 non è ovviamente casuale: in queste ore la Presidenza del Consiglio dei Ministri inizia a Roma l’iter aperto con l’opposizione ufficiale della Soprintendenza del Molise alla realizzazione del progetto “tunnel”, opposizione confermata e sostenuta dalla firma del ministro Franceschini - hanno ribadito Nino Barone, Aldo Camporeale, Pasquale Sisto e Giulio Botteri, ospiti della Libreria Il Ponte e di Luigino Vitulli - la riunione convocata oggi darà l’avvio ai tentativi di conciliazione delle posizioni delle varie istituzioni coinvolte, come prevede la legge.
Non sappiamo come questa procedura si concluderà, ma abbiamo ritenuto importante precisare oggi la nostra posizione all’interno di essa: mentre ribadiamo tutto il nostro sostegno alla Soprintendenza all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Molise, che ha ritenuto di dover tutelare quanto per statuto e responsabilità istituzionale le era affidato, resistendo a delegittimazioni di bassa lega e a pressioni che possiamo immaginare notevoli, ripetiamo con forza che la nostra strenua opposizione al Grande Scempio di Termoli nasce dal rifiuto dell’intero progetto, e non solo dei suoi aspetti paesaggistici e archeologici, per quanto fondamentali.
Intendiamo ricordare ancora una volta alla popolazione che all’origine di questa lotta c’è la grave crisi della democrazia, aperta con il testardo rifiuto della consultazione referendaria: nel momento in cui si è cominciato ad impedire la libera espressione della volontà popolare (che, è il caso di rammentarlo, non sarebbe comunque stata vincolante) è iniziato questo percorso di resistenza che si è andato man mano ampliando ed approfondendo.
La paura folle di confrontarsi con il referendum, forma principe di democrazia diretta, ha fatto nascere in tanti cittadini consapevolezza e desiderio di tutelare non solo la memoria storica e il territorio bene comune, ma anche e soprattutto le forme democratiche di partecipazione. Desiderio via via ingigantito e reso incoercibile dai risibili tentativi di imbroglio e mistificazione messi in atto dall’Amministrazione Comunale , come il “dibattito pubblico” pagato dal committente…
La natura intrinseca del progetto era in sé inaccettabile, al di là dei suoi devastanti effetti sulla vita e l’identità della città: il regalo ad un privato, senza il sia pur minimo vantaggio per la collettività, di una zona simbolica, pur se degradata, costituisce di per sé un affronto all’idea di urbanistica e pianificazione come espressione di sviluppo pubblico e condiviso.
Che questa idea non fosse esattamente quella di chi purtroppo ci amministra era già allora evidente, ma si è andato delineando in modo sempre più chiaro e pericoloso in questi due anni, lungo i quali abbiamo assistito alla sfrontata riaffermazione in ogni contesto, da parte di chi per dovere istituzionale dovrebbe in ogni caso tutelare e difendere ciò che è pubblico, della volontà di procedere a colpi di privatizzazioni, forme di edilizia contrattata, finanza di progetto sbilanciata indegnamente verso uno scellerato consumo di suolo.
I recenti avvenimenti, con la voragine apertasi nella passeggiata a mare (e indovinate chi aveva realizzato i lavori?) e l’inquinamento da depuratore ormai a livelli emergenziali, confermano la nostra convinzione che occorra continuare la lotta per la difesa del territorio e del paesaggio cittadino come memoria storica, ma soprattutto della democrazia e dei beni comuni, dei quali Pozzo Dolce è ormai diventata icona identitaria.
Ci auguriamo che il Consiglio dei Ministri non voglia smentire la posizione assunta fermamente e senza esitazioni dal Ministro Franceschini, e attendiamo gli sviluppi dell’iter con serenità. Perché questi due anni e mezzo hanno costruito qualcosa che non andrà perso: informazione, coscienza civica, consapevolezza del proprio ruolo così come è definito nella Costituzione, senso di appartenenza ad una comunità.
Rivendichiamo quindi con orgoglio il valore di questa lotta, che non è affatto una lotta di “difesa del vecchio da parte di chi sa dire solo No”, come ormai stucchevolmente ripetono coloro che non vogliono o non sono in grado di leggere i fatti senza gli occhiali deformanti dell’interesse politico o personale. Certo, c’è stato e resta il No deciso alla cessione della città ai privati, alle prepotenze che bloccano il referendum, alle menzogne continue sulle quali questo progetto è basato.
Ma come in tutte le occasioni precedenti che hanno visto impegnati tanti cittadini questa è stata sin dall’inizio la lotta di chi vuole dire Si’. Sì alla partecipazione, alla democrazia, al confronto, alla crescita della città come luogo inclusivo, aperto, pubblico e solidale".