TERMOLI. All’indomani della manifestazione di Roma sul Welfare molti quotidiani hanno così titolato: “ UN MILIONE DI NO CONTRO IL GOVERNO”. Altri “ UN MILIONE DI NO, ma NON contro il GOVERNO”. A prescindere dalla lettura che si da’ al fatto di cronaca, resta incontestabile la considerazione che, se diverse decine di migliaia di lavoratori hanno scelto la piazza , e’ evidente che ciò hanno fatto per testimoniare il loro disagio, la loro preoccupazione , la loro insoddisfazione per la situazione politica ed economica del Paese che, aldilà delle parole di circostanza, si riassume nella sonora bocciatura che sia Bruxelles che il F.M.I. hanno decretato in particolare dell’opera di “risanamento” dei conti pubblici che costituiva la vera scommessa sulla quale il Governo Prodi aveva giocato le sue carte.
Il risultato? Fornisco due soli dati: 1) dopo un anno e mezzo circa di Legislatura il deficit sul PIL si è aggravato di circa lo 0,8% proprio in conseguenza e per causa dell’opera di “risanamento” posta in essere dal Governo. 2) Alla legge finanziaria che inizia il suo iter parlamentare in questi giorni, sono stati presentati 1787 emendamenti ,dei quali –udite udite –ben 982 dalle forze di maggioranza che sostengono il Governo che ha predisposto quel disegno di legge. Siamo davvero al paradosso. Come dire: la MAGGIORANZA FA OPPOSIZIONE A SE STESSA.
Le ragioni vere di questi eventi vanno però ricercate altrove, in particolare nella nascita del Pd e nei contrasti sempre più evidenti esplosi all’interno della coalizione di centro sinistra, tali da far prevedere una definitiva implosione della maggioranza stessa e del Governo. Nell’attuale centro sinistra infatti circa un terzo e’ rappresentato da quella sinistra radicale che ha manifestato in Piazza a Roma e che comincia a temere che i suoi rappresentanti nel Governo e nelle Istituzioni non rappresentino più o rappresentino male le istanze di una base sempre più insofferente ed antisistema.
Degli altri due terzi gran parte si e’ aggregata sotto la sigla del PD. Altre frange minoritarie sono invece raccolte attorno a singoli leader: Mastella, Di Pietro, Boselli ( quest’ultimo ancora a cavallo tra Prodi e la costituente socialista) . In questo quadro generale vi e’ sicuramente uno di troppo : si chiama Romano Prodi . Mi spiego meglio.
Le prime dichiarazioni di Veltroni leader del nuovo partito sono assolutamente incompatibili con la presenza dell’onorevole Prodi al Governo, a cominciare dalla proposta di riduzione drastica dei Ministri e Sottosegretari con il riaccorpamento di quei Ministeri ( ricordo la riforma Bassanini) che l’attuale Premier si e’ visto costretto a scorporare per reperire posti di governo alle forze della sua coalizione. L’interesse vero del PD e di Veltroni è quello di essere legittimato dal voto popolare ( le “primarie” non sono state niente più che una scaltra operazione mediatica) ed in prospettiva di occupare parte dell’area moderata cattolica, laica e riformista, in una visione che superi le attuali coalizioni. Per centrare in pieno questo obbiettivo Veltroni ed il Pd devono liberarsi del giogo di quella sinistra radicale che detta le regole e che comunque condizionerebbe, anche numericamente, la nascita e la sopravvivenza di qualunque Governo di centro sinistra con l’attuale sistema.
La sinistra radicale di contro, sa bene che se passasse questo disegno verrebbe messa in discussione la sua stessa esistenza o comunque la necessità politica del suo consenso per la formazione dei Governi, con il rischio di subire una riduzione in termini di consenso elettorale e politico sul modello di quanto accaduto al Partito comunista francese di Marchais di fronte all’ascesa di Mitterand (il PCF restò nulla più che una sigla nella Francia di quell’epoca).Ne consegue che la piena legittimazione e l’eventuale rafforzamento del PD costituisce il vero avversario della sinistra radicale. Veltroni dal canto suo sa bene che le urne oggi come oggi premierebbero il centro destra, ma sa anche bene che il voto farebbe il vuoto di tutto il vecchio che ha intorno a sé. Dalle ceneri della sconfitta, che sarebbe comunque la sconfitta elettorale e politica di Prodi e del suo sistema di Governo non resterebbe che lui, giovane punto di riferimento per la costruzione di quell’alternativa riformista e democratica priva di condizionamenti esterni, che verrebbe realizzata a sua immagine e somiglianza. Se a tanto si aggiunge la inconfessata volontà di Di Pietro di accreditarsi nelle urne di quel 5% ed oltre che oggi i sondaggi gli attribuiscono, il cerchio si chiude in una logica perversa per gli interessi del Paese, ma certamente verosimile. Come si vede resta solo lui quello di troppo: Romano Prodi.
Oreste Campopiano -segretario regionale Nuovo Psi