MONTENERO DI BISACCIA. Gli strali dell’ex ministro Antonio Di Pietro e leader nazionale dell’Italia dei Valori, uno dei pochi a sedere sugli scranni di Montecitorio (e Palazzo Madama) si abbattono come fulmini a ciel sereno sul capo del premier Silvio Berlusconi.
Al riparo, quasi, da occhi indiscreti, lo storico protagonista della stagione di Mani Pulite colpisce ancora una volta il suo bersaglio prediletto e lo fa dalla tenuta di Montenero di Bisaccia, un villino di campagna molto curato, sulla strada che conduce a Palata, dopo il santuario della Madonna che da origine al nome del comune natìo, abbigliato come se stesse recitando nel riuscito remake del film di pozzettiana memoria ‘Il ragazzo di campagna’, lui che da Milano la strada della fortuna e della gloria l’ha imboccata, non certo smarrita.
Una sortita più avvelenata che polemica, che ha innescato un giro di reazioni ai livelli parlamentari più alti e che ha rappresentato, sicuramente, l’evento politico del giorno.
Di Pietro ormai ha imparato la lezione, quella sull’esposizione mediatica s’intende, consapevole com’è che in questo modo barricadiero riuscirebbe anche a erodere ulteriore consensi a un Partito democratico dilaniato al suo interno da mille rivoli e faide e in calando lunare quanto a popolarità.
In compagnia del figlio Cristiano, della nuora e dei nipotini, così felici nel vedere il nonno non più in giacca e cravatta ma in pantaloncini, ‘chianelle’ e cappello, Di Pietro ha voluto dedicarsi alla mietitura, nel segno e nel solco di quella tradizione contadina di cui mai ha rinnegato le radici.
Pesantissime le invettive contro il capo del centrodestra, definito magnaccia impegnato a piazzare veline, un boato nell’acquiescenza che solo da qualche giorno sta mitigando dei rapporti tra maggioranza e opposizione.
Un cordiale scambio di saluti, un invito a cibarsi, degustando, meravigliose ciliege rosse di Manfredonia (ahi l’invidia di Veltroni e D’Alema per l’abbandono del colore patrio), un caffé fugace e su in sella al trattorino, agganciando il rimorchio sotto gli occhi degli infanti per volare sulla mietitrebbia.
Fisico non proprio asciutto, fluente come la dialettica torrentizia con cui sta calamitando il ruolo di oppositore principe (clamoroso l’invito ad abbassare i toni piovuto dalla sinistra radicale) e braccia che tradiscono il duro lavoro nei campi ossequiato in gioventù e rinfocolato nei brevi ma intensi momenti di isolamento bucolico, Di Pietro è sembrato un mestierante infaticabile, camaleonticamente capace di passare con agio dal Transatlantico al sedile di un mezzo agricolo.
E’ questa la sinistra che conta? Intanto…il grano è in cascina.