TERMOLI. San Francesco riusciva a parlarci e anche ad ispirarsi per composizioni come il ‘Cantico delle Creature’, ma quella ritratta nell’immagine a lato è una delle migliaia di vittime mietute negli ultimi due anni da branchi di lupi affamati.
L’animale della famiglia dei ‘canidi’, indiscusso re tra i predatori del continente europeo, negli anni era stato ricacciato nelle riserve naturali e nei Parchi Nazionali d’Italia, allo scopo di sottrarlo al rischio di un’estinzione che era data come imminente.
Oggi, a distanza di una trentina d’anni, è tornato a essere più temibile e più organizzato che mai. Non c’è più un solo angolo della Penisola dove il feroce predatore non compia razzie e stermini di ovini; non c’è un solo bosco in tutta Italia dove la sua specie non si sia ripopolata e accresciuta a dismisura.
Ma com’è stato possibile tutto questo improvviso e massiccio ripopolamento per un’animale dato per spacciato?
In Molise – come hanno raccontano molti contadini e gli allevatori di ovini in particolare – i lupi che raramente vanno in giro da soli, sono arrivati ad avvicinare perfino il paesi per andare a cercare cibo nei cassonetti delle nettezza urbana.
“Una mattina – ricorda Michele Giacomodonato, allevatore e titolare di una fattoria agrituristica alle porte di Casacalenda – mentre stavo uscendo da casa per andare alle stalle, ne ho visti due: credo un maschio e una femmina, proprio nel cortile della fattoria che andavano in direzione dei recinti. Poi forse la mia presenza li ha spaventati, ma non più di tanto perché non si allontanavano, nonostante i miei cani ringhiassero”.
“Io dormo al primo piano e da lì controllo una zona che guarda direttamente i recinti e le stalle – racconta Roberto, un altro allevatore di ovini a Larino i cui animali sono custoditi in un fondo situato lungo la strada tra la cittadina frentana e Palata -. L’ho visto in faccia e l’ho anche fotografato quel lupo che in pochi minuti mi ha sbranato cinque pecore. Era ferocissimo, ne ha sgozzate cinque, ma ne ha mangiato sola parte di una”.
Di avvistamenti e assalti alle greggi, e non solo, ne vengono segnalati a decine. Un allevatore di bovini, non molto tempo fa, raccontava nel telegiornale di un canale regionale, di aver visto addirittura un branco di lupi, lavorare in squadra per tentare di aggredire ed aver ragione di una mucca al pascolo, che se la sarebbe scampata grazie ai cani da gregge.
Lo steso episodio di ieri l’altro a Petacciato – a nostro giudizio – può essere ricondotto a una situazione similare, visto che i cani difficilmente attaccano le greggi, per quel senso innato di protezione verso quella specie animale: ammenocché non fossero malati.
Ma dalle testimonianze, torniamo all’interrogativo precedente. Anche qui si tratta di racconti e ‘vox populi’ che farebbero risalire e ricondurrebbero tutta la problematica ad almeno 20-25 anni addietro. Secondo quanto detto dagli agricoltori, ma anche da un appartenente alla Guardia Forestale in congedo, tanti anni fa sarebbero state ‘lanciati’ nelle campagne e nei boschi centinaia di ‘ofidi’ (vipere e aspidi), secondo la tesi che questi rettili erano particolarmente abili e predisposti a combattere una patologia vegetale che all’epoca infestava i boschi, ma anche numerose piantagioni di olivo e alberi da frutto: pare si trattasse di un fungo.
Questa scelta – ammesso che i fatti rispondano al vero – ha portato a una conseguente e massiccia proliferazione di questi rettili che di lì a qualche lustro iniziavano a diventare davvero tantissimi e pericolosissimi.
La storia non finisce qui e – sempre secondo il racconto dil’ex ‘addetto ai lavori’ – si sarebbee reso necessario il contenimento o la drastica riduzione di questi ‘ofidi’ che notoriamente rappresentano il ‘boccone del prete’ dei cinghiali.
Anche in questo caso, dii suini selvatici ne sarebbero stati lanciati a decine e decine di coppie, con il risultato che i rettili sono diminuiti rapidamente e vistosamente e i cinghiali non si sa più dove metterli: ce ne saranno migliaia e migliaia solo in Molise, che scorrazzano e devastano qualsiasi tipo di coltura, quando non finiscono sotto le auto in transito, lungo tutte le strade della regione.
Da qualche anno – sempre secondo l’ ex forestale – qualche, o più di qualche ‘intelligentone’ avrebbe pensato bene di tentare un’altra rivoluzione copernicana sull’Equilibrio Biologico del Bosco e dei Campi per contrastare l’eccesso di cinghiali. Avrebbero deciso di introdurre alla vita silvestre diverse coppie di lupi la cui proliferazione, in breve, avrebbe debellato questa autentica piaga (non peri cacciatori), rappresentata dai troppi cinghiali.
Risultato: visto che i lupi non sono tanto scemi da rischiare le budella contro i cinghiali, hanno iniziato a procurarsi cibo e sostentamento, com’è nella loro connaturata e leggendaria indole di predatori, assalendo, cioè, e sterminando intere greggi di pecore.
Questa sarebbe la storia così come recepita e poi raccontata da alcuni protagonisti diretti e indiretti. C’è solo da augurarsi che ora, per contrastare i lupi in eccesso qualche altra ‘testa d’uovo’ non decida di introdurre i leoni, le tigri, i coccodrilli o non so cos’altro.
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