TERMOLI. “Passi riferiti alla vita di Termoli, quella marinara, alla tradizione locale e al dialetto, questo libro le racchiude tutte.
Sottolinea in una maniera straordinaria l’immaginario del popolo che ricorre alle metafore, che si abbandona alla fantasia, all’ironia e talvolta alla cattiveria e al linguaggio puerile che ho riportato senza compiacimenti”.
Presenta così il suo ultimo lavoro “Mò cchiù”, lo scrittore giornalista termolese Giovanni De Fanis, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta nella mattina di oggi, presso la Torretta Belvedere della città rivierasca.
352 pagine in cui 2400 proverbi, modi di dire unitamente a “espressioni gergali che ora non si ascoltano più” sottolinea lo scrittore mentre prosegue nell’esaustiva e dettagliata descrizione della sua opera: “invoglia ad una lettura divertente e divertita in cui si possono imbastire dialoghi.
Una raccolta che rende il testo un piccolo scrigno d’arte, completato da circa 20 disegni realizzati dall’architetto De Felice – asserisce De Fanis ringraziando l’architetto presente – Raccoglie oltre 700 proverbi, la più grande raccolta che sia stata mai realizzata in Termoli.
Non vi è attività connessa all’umano essere che non sia stata toccata. Il testo accenna a cinque temi rilevanti: ambiente, natura, persone, attività lavorative, sacro e profano. Non mancano riferimenti a personaggi locali, il cui richiamo rende chiaro l’esempio per meglio esprimere la quotidianità della vita popolare. Un testo di linguistica e antropologia culturale – lo definisce l’autore – e il linguaggio in via di estinzione è l’elemento che lo rende ancora più prezioso”.
De Fanis, studioso del dialetto della tradizioni popolari e della storia termolese, è autore di numerosi lavori in vernacolo dedicati alla città che gli ha dato i natali nel 1942. “Questo lavoro – prosegue lo scrittore – è nato qui nel Borgo Antico, nell’ambito della Termoli popolare, è un omaggio ai termolesi e io lo restituisco a loro, ai legittimi proprietari”.
Ida Petrone