TERMOLI. Case chiuse si, case chiuse no. Avevamo posto la domanda ai nostri lettore e tra facebook ed e-mail sono stati decine gli interventi pervenuti.
Per lo più sulla linea tedesca, i nostri elettori sono per la regolarizzazione delle case chiuse, a dispetto di quanto avvenuto in Svezia dove i risultati delle criminalizzazione dell’attività parrebbero aver restituito migliori traguardi e, quindi, ad aprire la carrellata di alcune delle risposte pervenute è il titolare di un sexy shop che ci scrive: “Ciao Giovanni, volevo dare il mio parere favorevole alla riapertura delle case a luci rosse in quanto essendo il lavoro più antico al mondo, non vedo perché chi lo vuole praticare non lo potrebbe fare” una dichiarazione lampante e senza percorsi d’interpretazione cui si associa la certezza che “avendo un’attività che ha anche a che fare con loro, sarebbe molto positivo sopratutto perché verrebbero più controllate su tutti i fronti, specie su quello sanitario. Il mio motto è “Il sale della vita? È sesso e amore”.
“Sono allibita solo per il fatto che vi permettiate di parlare di queste cose – sostiene Carla – perché trovo vergogno che un lavoro squallido come questo possa essere legalizzato. Io sono dell’idea di più pene e più severe per la prostituzione”.
Per Candida, invece, “Sono favorevole! Si eviterebbe lo sfruttamento e, al contempo, le “costrette” dalla crisi, dovendo pagare le tasse sulla prestazione, magari scelgono di fare un lavoro più consono al loro ruolo di madri e mogli. Nei paesi dove la prostituzione è legalizzata non accade tutto lo schifo che accade da noi e comunque è inutile parlarne ed è altrettanto inutile pensare che possa accadere da noi, visto che abbiamo la “serpe in seno” che decide al posto di chi paga le tasse in questo paese …”.
Per Antonello: “La materia è complessa. Sono contrario allo sfruttamento e alla mercificazione del sesso come delle persone a priori. Sappiamo bene che prostituirsi non è quasi mai frutto di una libera scelta ma una forma di schiavizzazione e di profitto di organizzazioni illegali e mafiose. La “casa chiusa” è come mettere la polvere sotto il tappeto. L’istituzionalizzazione della prostituzione (con una logica tutta interna ad una logica di mercato) con il solo pretesto di fiscalizzare questo lavoro o “ripulirlo” è una mera chimera. L’articolo peraltro lo conferma. Scelte di questo genere significano istituzionalizzare lo sfruttamento delle donne e consentire a sfruttatori (più o meno leciti) di arricchirsi, il tutto dietro la litania moralistica di “toglierle dalla strada”, magari per impedire ai bambini di vedere le donne con cui spesso i loro padri vanno e dare una nuova opportunità di lavoro sotto-pagato alle nostre figlie”.
Egidio, infine, si fa sostenitore del modello svizzero (legale) secondo cui “se una donna dichiara che si prostituisce in casa propria, paga le tasse ed è sottoposta a regolari controlli sanitari e nei pochi locali rimasti lavorano quasi tutte “libere professioniste” che non devono niente a nessuno e se si vendono, lo fanno liberamente e senza sfruttamento”.
La controreplica all’ultima dichiarazione è giunta dallo stesso Antonello che ha affermato di non essere d’accordo perché “si sa che lo sfruttamento in generale è storicamente sempre verso i soggetti sociali più deboli, tant’è che anni addietro le prostitute sfruttate erano prevalentemente italiane, soprattutto provenienti da ceti meno abbienti e sottoproletari, mosse dal bisogno e non certo da intime aspirazioni. Con il benessere sempre più diffuso (grazie anche alle lotte, al PCI e alla sinistra extra-parlamentare) e un certo affrancamento della donna nella società adesso sono reclutate immigrate (parte più debole e ricattabile della società). Poi se qualche giovane ragazza italiana desidera fare la “escort” d’alto borgo per realizzarsi e non per necessità, fatti propri, ma io sono certo che nella totalità delle ragazze non alberga questo desiderio”.
giovanniperilli1981@gmail.com