TERMOLI. Cosa fare quando si nutra il sospetto che il proprio misuratore di gas-metano abbia “dato i numeri” per anni, fornendo al letturista consumi sicuramente superiori rispetto alle quantità effettivamente erogate? In materia ha disposto l’Autorità per l’energia (30 .IV.2008) semplificando notevolmente la vita agli utenti. Però chi avesse inoltrato una richiesta di verifica all’azienda erogatrice entro questa data avrebbe rischiato di pagare l’intervento sollecitato ove mai, dai controlli, fosse emersa la regolare funzionalità del contatore o che l’errore palesato rimaneva contenuto nei consueti margini di tolleranza. Dopo tale data, l’atto dell’Authority n. ARG/gas 51/08 stabilisce che l’utente dotato di un contatore difettoso debba ottenere una verifica entro 180 gg. Se il sospetto fosse fondato, l’azienda dovrebbe sostituirlo gratuitamente entro 10 gg. lavorativi, redigendo un verbale dell’operazione per ricostruire correttamente i consumi da sottoporre al successivo pagamento La novità di rilievo è che, se il misuratore avesse sbagliato a favore del cliente, questi non dovrebbe rifondere alcunché per i quantitativi fruiti in più, considerato che il corretto funzionamento degli apparecchi è un onere che incombe esclusivamente sul gestore del servizio (a meno che il contatore non avesse avuto più di 25 anni di uso). Invece, cosa accadrebbe se il misuratore esprimesse consumi corretti, sia pure in presenza di un’“età” ben più veneranda di quella suindicata? In questo caso, l’Autorità ha fissato in soli 5 € (invece di 40) l’importo dovuto per il controllo; e questo appunto per incoraggiare a chiedere verifiche ogni volta che si ritenga opportuno. Naturalmente, il ridotto costo del controllo viene ammesso soltanto in relazione all’anzianità dell’apparecchio. Dal principio, deriva che – dal 1°.VI 2008 rimanevano interessati allo “sconto” soltanto i contatori fabbricati fino al 1965. Dopo di che i margini si sono ristretti; e – dall’1.I al 30.VI2009 – l’agevolazione ha interessato soltanto quelli fabbricati prima del 1970. Infine, a scalare di 6 mesi in 6 mesi, si arriverà sino al 1°.VII.2010 quando tutti quelli usciti di fabbrica più di 25 anni prima potranno essere revisionati senza versamento di corrispettivo alcuno. Va da sé che l’utente – nell’affrontare i rischi di una richiesta di verifica – dovrà fare i propri conti, domandandosi: sarebbe meglio lasciarsi cambiare il macchinario, rinunciando all’eventuale rimborso oppure sollecitare il controllo con il rischio di dovere versare 40 €? Appare logico suggerire che, ove l’utente intrattenga un contratto per la sola fornitura di gas da cucina o di acqua calda, il margine di errore sarebbe esiguo come il rimborso che potrebbe derivarne. Al contrario, quando i consumi riguardassero un impianto di riscaldamento, sarebbe giusto procedere dal momento che l’errore sarebbe ben più sensibile. Pure quando dalla verifica fosse stata accertata la ragione dell’utente (e quindi il diritto ad ottenere il rimborso), occorrerebbe fare attenzione al cosiddetto “margine di errore tollerato”. Secondo la vigente normativa metrologica, i limiti non superabili sono +2 e -2%. Ma è pur vero che i contatori sono sottoposti ad una differente normativa a seconda del periodo in cui sono stati costruiti. Ne consegue che quelli con il bollo metrico italiano, e non europeo (7 milioni di pezzi, contrassegnati dal marchio “G”), debbono essere verificati con riferimento al margine di tolleranza dettato da un d.r. del 1890. Va da sé che il calcolo si farebbe sempre più difficile, proprio a seconda della tipologia di apparecchio di cui si è stati dotati. Per ciò stesso, considerato che quasi nessun consumatore può essere un esperto; e, dato atto che – per loro furbizia – le aziende non indicano mai nei contratti il limite di tolleranza di riferimento di ciascuno, non riuscirà inopportuno chiedere di redigere – all’atto della verifica – un verbale su cui sia riportata la normativa di riferimento, i metodi utilizzati ed i risultati ottenuti. [Claudio de Luca]