LARINO. La questione era divenuta oggetto di rivendicazione da parte degli automobilisti che intendevano vedersi “riconoscere” disposizioni già vigenti negli Stati europei. Così il Ministero dei trasporti ha dovuto emanare un decreto ad hoc per illustrare come debbano essere installate le luci a led su tutti i veicoli a motore. Prima l’installazione era “illegale” seppure ritenuta giovevole – ai fini della sicurezza stradale – dalla gran parte dei Paesi dell’Unione. Oggi, la deroga prevede una procedura per addivenire ad un corretto montaggio ed all’aggiornamento della carta di circolazione. L’installazione deve essere eseguita in un’officina di autoriparazione che dovrà destinare queste luci per rendere l’autoveicolo più visibile durante la circolazione diurna. Naturalmente l’operazione, dovrà essere omologata e non sarà possibile installare più di due dispositivi “drl” davanti all’auto. Per di più questi dovranno essere collocati a seconda che le luci diurne siano raggruppate, combinate o incorporate ad altri dispositivi di illuminazione. Il titolare dell’officina dovrà certificarne il montaggio, dopodiché l’auto dovrà essere sottoposta a visita e prova per l’aggiornamento del libretto in Motorizzazione. Ne consegue che, se un automobilista di Termoli avesse ricoverato la propria vettura in una officina di Isernia, le verifiche e l’aggiornamento della carta di circolazione potranno essere effettuate solo nella Sede pentra e l’esito dell’aggiornamento potrà essere positivo solo quando siano state rispettate le linee-guida imposte dal decreto mentre, prima della pubblicazione di quest’ultimo, sarebbe stato sufficiente il “Nulla osta” della Casa costruttrice recante l’approvazione della modifica all’impianto-luci. L’officina deve attenersi alle quote d’installazione previste dalla norma ECE R48. Nel caso più diffuso di luci “drl” non incorporate ad altri dispositivi (e che non svolgono altre funzioni d’illuminamento) la distanza tra di esse non potrà essere inferiore a 60 cm (ridotta a 40 quando l’auto non sia più larga di 130); e l’altezza del dispositivo dal suolo deve essere compresa tra 25 e 150 cm. Durante la visita e prova saranno controllate pure le inclinazione: a) verticale (+/- 10°); b) orizzontale (+/- 20°). Le quote da rispettare differiscono leggermente se le luci integrano anche la funzione di luci di posizione anteriori o fendinebbia. Oltre alla corretta installazione, sarà controllato anche il buon funzionamento delle luci “drl” che devono accendersi in automatico (quando si avvii il motore) e spegnersi (quando lo si sia arrestato). E’ vietato il funzionamento simultaneo delle luci di marcia diurna e di quelle fendinebbia (anabbaglianti o abbaglianti). Ne discende che l’officina dovrà fare in modo che le prime si spengano quando siano state accese le seconde. Lo stesso vale per gli indicatori di direzione che devono essere i soli a lampeggiare qualora siano incorporati alla luce di marcia diurna. A tal proposito sono stati posti in commercio dei kit di “drl”, muniti di una centralina che commuta in automatico le luci, come peraltro stabilito dal decreto in esame.Quando l’autovettura avrà superato positivamente le verifiche, la carta di circolazione ne riuscirà aggiornata prèvia apposizione di un’etichetta recante la dicitura “installate luci di marcia diurna conformi al regolamento 87 UNECE”. La visita e prova non è prevista per quei veicoli su cui siano state installate luci di marcia diurna previa sostituzione di un dispositivo, o di un gruppo ottico originale (faro), con uno (omologato) di analoga forma e dimensioni, contenente anche la suddetta funzione. Il decreto, così come è stato concepito, ha finito con il concretare un efficace intervento atto ad ovviare all’incapacità del legislatore italiano che non ancora aveva inteso di “dovere” assimilare normative comunitarie già vecchie. Ora non rimane che fare chiarezza anche sull’utilizzo delle luci allo xeno aftermarket, persistendo nell’ordinamento la norma che non le riconosce. (Claudio de Luca)