X
giovedì 1 Maggio 2025
Cerca

“Facciamo luce sui parti cesarei e il reparto di Ginecologia è ancora vivo”

TERMOLI. Dal segretario provinciale Luigi Cariello dell’Aogoi (Associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri) una chiara precisazione sull’andamento del reparto di Ostetricia e Ginecologia di Termoli. Ci corre l’obbligo, nostro malgrado, informare correttamente l’opinione pubblica con dati alla mano ricavati da fonti autorevoli circa la reale situazione del punto nascita di Termoli, che in questi giorni più volte è stato messo alla gogna. Infatti, così come è già successo venerdì 6 marzo in un incontro pubblico presso l’Hotel Meridiano in cui la direttrice generale dell’assessorato regionale alla Sanità ha riportato un numero inesatto di parti per il 2014, nel corso del consiglio comunale monotematico sulla sanità tenutosi venerdì nella sala consigliare del comune di Termoli sono stati sciolinati numeri e percentuali falsi. Non so se per errore o se per volere precipuo. Numeri poi che sono stati ulteriormente gonfiati da qualche organo di stampa e anche qui non so se per errore o per volere precipuo. Crediamo nella buona fede del Presidente Di Laura Frattura, ma chiunque gli abbia fornito qui dati deve stare attento a non ripetere tali errori, perché se le stesse affermazioni venissero riportate a Roma rischierebbe di indurlo a fare una pessima figura. Nel 2013, anno a cui si è riferito Frattura, da dati ISTAT : Media dei tagli cesarei in Italia = 36% (e non il 15%) Media dei tagli cesari in Molise = 45% Media dei tagli cesarei a Termoli = 40% (e non 45%) – riscontro personale – Inoltre, guardandoci intorno: Media tagli cesarei in Abruzzo = 40% Medio tagli cesarei in Puglia = 46% Media tagli cesari in Lazio = 41% Media tagli cesari in Campania = 62% La percentuale del 15% è quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità reputa congrua e quindi da perseguire. La percentuale del 45% e quella dell’intera Regione Molise, per cui essendoci stati a Termoli nel 2013 il 40% dei tagli cesarei è ovvio che in qualche altro punto nascita della Regione c’è stato il 50%. Quindi dati errati e ingannevoli che gettano sconforto tra gli operatori ma soprattutto disorientamento e timore nell’utenza che già è pronta a migrare in numero molto superiore di quanto è avvenuto nell’anno di riferimento. Quindi chiediamo che ci sia una rettifica ufficiale oltre a garanzie precise per le nostre figlie, future mamme, che desiderano ancora partorire a Termoli. Poi, seppure fosse stato vero che a Termoli c’è stato il 45 % dei T.C. e la media nazionale fosse stata del 15%, avremmo avuto il triplo dei tagli cesari e non il quadruplo come riportato da alcune testate giornalistiche. Va poi sottolineato che, a differenza delle regioni virtuose, noi non possiamo effettuare il cosiddetto “parto di prova” cioè non possiamo far partorire spontaneamente chi è stata già sottoposta a precedente taglio cesareo, per carenza di personale; quindi la percentuale delle pre-cesarizzate (che ad oggi è più del 37% di tutti i tagli cesarei) sarà inevitabilmente sempre in aumento, falsando quindi la reale percentuale dei tagli cesari necessari. Poi, si, sono d’accordo e non potrebbe essere diversamente, nell’andare a ricercare le cause per cui più di 100 donne su un totale di circa 700 hanno deciso di non partorire a Termoli nel 2013: per qualcuno c’è un problema di qualità! Ma ci sono state anche 80 donne che sono venute da fuori regione a partorire qui. Innanzitutto non si può confondere la quantità, di cui tanto si è parlato, con la qualità! L’opinione pubblica deve sapere a chiare lettere che quando l’amministratore o il politico parla di qualità, intende la qualità dei servizi erogati, quelli che si traducono poi in danaro contabile e certamente non quella degli operatori. Evitiamo di dare falsa percezione di ridotta qualità professionale perché, assodato che nessuno è esente da errori (solo chi non fa non sbaglia), le nostre complicanze pre-natali e peri-natali (ad esempio) non sono superiori a quelle di centri vicini, regionali ed extra-regionali, sia a nord che a sud. La qualità in sanità è la risultanza di un insieme di elementi scientifici e tecnologici, organizzativi, procedurali, relazionali e di comunicazione in cui un ruolo determinante è svolto dalle variabili umane che interagiscono ognuno per il proprio ruolo nei processi produttivi. Esistono infatti vari tipi di qualità: la qualità professionale (che si espleta attraverso l‘efficacia degli interventi e la competenza professionale), la qualità percepita, quella gestionale, quella ambientale, quella d’immagine. Pertanto se “il futuro di Termoli dipende dalla qualità che gli operatori riusciranno a mettere in campo “ occorre dare a questi operatori ciò che necessita loro per raggiungere l’obiettivo. La disamina è lunga e complessa per questo crediamo che vada data la parola anche agli operatori. Occorre un confronto aperto con i direttori generali, gli amministratori e i politici: così e solo così si fa il bene del Molise. E attenzione a non fare altre scelte sbagliate! Ci si chiede di fare qualche sacrificio. No problem. Siamo abituati a fare sacrifici, anche a gratis, visto che alcuni professionisti vengono pagati 70 euro a ora per effettuare turni aggiuntivi e noi aspettiamo arretrati da 11 mesi. Ma crediamo che i sacrifici devono essere fatti a tutti i livelli, perché noi operatori sanitari siamo chiamati al sacrificio da molti anni, almeno tanti quanti sono quelli del piano di rientro. Facciamo sacrifici quotidianamente: • il reparto di Ostetricia e Ginecologia è dotato di soli 7 medici (di cui 2 precari), numero insufficiente per garantire la guardia attiva, quindi le notti e i giorni festivi il medico è in reperibilità e non in turno, come vorrebbe la normativa. Persino Isernia con un numero molto inferiore di parti ma anche con le sue diverse problematiche, ha un organico di 11 medici (se ricordo bene). • tale carenza di organico comporta spesso l’impossibilità di effettuare i dovuti aggiornamenti professionali e godersi le dovute ferie (c’è chi deve ancora effettuare le ferie del 2013); • da circa due anni non abbiamo più il personale infermieristico dedicato ai tagli cesarei e dobbiamo ricorrere all’utilizzo delle ostetriche; • abbiamo dovuto lottare un’intera estate per avere il numero sufficiente di ostetriche a garanzia di un’adeguata assistenza in sala parto e siamo ancora sotto di 1 unità; • non abbiamo personale ausiliario dedicato alla sala parto per la pulizia dei locali, ma il giorno è condiviso con altri reparti e la notte ci viene prestato dal blocco operatorio; • dobbiamo accontentarci di strumentazione desueta per effettuare i nostri interventi routinari perché svariate richieste sono state inevase, mentre il materiale di consumo stenta ad arrivare (fornitori non pagati si rifiutano di consegnare persino i cotton-fioc per effettuare i tamponi vaginali); • il taglio alle spese ci ha visto negato l’aggiornamento e la formazione del personale del reparto e della organizzazione di evento formativo professionale per ginecologi e ostetriche (e la qualità passa anche attraverso la formazione e l’aggiornamento). Mi fermo qui e non è tutto. Pur tuttavia continuiamo a ricevere testimonianze di gratitudine per la nostra dedizione e professionalità. Ma non sarà che sono questi i motivi per cui qualcuno si allontana dal “S. Timoteo”? O forse per qualche medico di base che, come qualcuno ha avuto modo di dire, con comportamento anti aziendale e opportunisticamente invita i suoi pazienti a rivolgersi altrove? Senza armi e soldati non si fa la guerra. Così come senza tecnologia e personale non si fa una buona sanità. Noi continuiamo a fare sacrifici e voi a darci fiducia, almeno speriamo. Grazie.