TERMOLI. A proposito di ‘referendum’ (per una maggiore autonomia degli enti locali sovraordinati) va precisato che trattenere a livello regionale le tasse non assicura una spesa pubblica più oculata.
La differenza tra l’Alto Adige e la Sicilia ne è la prova. Perciò è da ritenere che conti soprattutto il livello della classe politica (che dev’essere ‘dirigente’ ma non ‘digerente’). Ciò premesso non si può negare rilevanza all’esito del voto consultivo veneto e lombardo per le implicazioni politiche e culturali più che per la rilevanza degli effetti che produrrà. Lungo questa via è seguita a ruota l’Emilia-Romagna, ma anche Liguria e Puglia comincia a scalciare. Ed il vento autonomista travolge perfino il Molise, confermando che sarebbe opportuno trattare in modo organico e complessivo questa materia anziché assistere ad una gara di corsa tra Regioni. Nella Patria di Vincenzo Cuoco sono incominciate ben due raccolte di firme: una per indire una chiamata generale sull’autonomia; la seconda per congiungersi al Lazio, formando una macroregione. Appare chiaro che il voto ‘nordista’ ha riaperto la «questione meridionale» che – oggi – non significa più interrogarsi sulla «poca assistenza» ma al contrario sulla «troppa assistenza» al Sud; mentre sarebbe ora di imporre a tutte le Regioni, ivi compresa la nostra, politiche amministrative rigorose nella gestione delle risorse pubbliche.
È ora che i cittadini si rendano conto di quanto sia sbagliato continuare a mandare al potere politici inefficienti. Per indurre questa presa di coscienza, è necessario che lo Stato riduca le compensazioni di cassa versate agli enti dissipatori. È un argomento logico, ma elettoralisticamente ostico. Se si gestissero le Regioni Calabria e Sicilia con i parametri di efficienza di spesa di Lombardia e Veneto, si libererebbe una decina di miliardi di euro da usare più accortamente, eliminando gli sprechi ed acquistando in modo trasparente beni e servizi. Altrimenti è chiaro che la forza centrifuga espressa dai Veneti e dai Lombardi crescerà sempre di più. Tant’è vero che, sin da subito, il governatore Zaia pretende di ottenere uno Statuto speciale. A questo punto la coesione nazionale, fondata sulla solidarietà tra aree ricche ed aree “povere”, salterebbe, trovando un limite proprio negli sperperi degli assistiti.
In Molise “paladino” del referendum si trova ad essere Luigi Mazzuto, ex-Presidente della Provincia di Isernia e coordinatore regionale di ‘Noi con Salvini’.
«Pur con tutte le difficoltà e gli ostacoli, siamo pronti ad affrontare la sfida». Il vetturino del Carroccio è pronto a combattere, ed è sicuro che anche i suoi corregionali correranno a votare. I referendari stanno preparando dossier per reclamare più risorse e per convincere al voto. “Incominciamo dall’acqua. Il sistema idrico del Meridione si basa sulla nostra regione”. Mazzuto lo dice esagerando, eppure “rivela”:”Con le acque del Molise, la Puglia, l’Abruzzo, la Campania e l’Enel fanno reddito, mentre il Molise, a fronte di milioni di mc erogati, incassa solo brìciole. Abbiamo tutte le potenzialità, purché si faccia da parte chi oggi fa politica”. E lo dice manco lui fosse un alieno rispetto alla stessa classe gestionale che oggi vilipende (ma di cui appena ieri era parte).
Invece il governatore Frattura pensa ad una trattativa col Governo; il sindaco termolese Sbrocca, puntandosi il binocolo addosso, dice:”La quota necessaria per garantire i servizi minimi è superiore alle entrate delle Regioni del Mezzogiorno. La riflessione che dobbiamo fare è proprio questa. La richiesta del Veneto, qualora condivisa e magari allargata alle altre Regioni, quali conseguenze avrebbe sul nostro Molise?” (e sulle vite dei nostri politici, aggiungiamo noi?). Insomma, la distanza fra Nord e Sud si allargherebbe a dismisura.
Ma lui, egoisticamente, chiosa: “Non può esistere uno Stato in cui qualcuno solo dà e qualcuno solo prende. Il primo si sente truffato, il secondo soffoca vivendo di rendite asfittiche”. Chissà poi se i Molisani si riveleranno i più firmaioli d’Italia. C’è chi propone una macro-regione tra Molise, Lazio e Abruzzo, ed in Cassazione è stata depositata una proposta di modifica costituzionale di iniziativa popolare, già pubblicata sulla Gazzetta.«Servono 50 mila firme, ma il nostro obiettivo è 100 mila; poi presenteremo la proposta in Parlamento”.