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mercoledì 30 Aprile 2025
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Vittime della Shoah anche i triangoli viola

TERMOLI. Il 27 gennaio di più di 70 anni fa, quando gli uomini dell’Armata Rossa ebbero divelto i cancelli di Auschwitz il mondo alzò il velo per osservare il Terzo Reich dopo la sua caduta; la scena raccapricciante che si presentò era un incubo troppo grande per essere compreso. Soldati e civili insieme potevano solo rimanere attoniti, in un muto orrore, di fronte ai resti agghiaccianti di una mostruosa macchina fatta per uccidere.

È stato opportunamente detto che “non è mai troppo tardi per ricordare”, per questo la vicenda dell’internamento nei campi di concentramento e di sterminio è ancora di attualità. La cosiddetta “burocrazia dello sterminio nazista” ha tentato di annullare l’esistenza di milioni di individui nei tredici anni forse più tragici della storia contemporanea. Nel caso di 11 milioni di persone lo ha fatto letteralmente provocandone la morte fisica. La stessa burocrazia dello sterminio non aveva a che fare con esseri umani quanto con categorie e queste si distinguevano per i triangoli e le stelle di vari colori.

Opportunamente, proprio per questa ragione, storici e studiosi hanno parlato di recente di “olocausti”, anche se dal 1985 questo termine è stato sostituito dalla parola ebraica “Shoah” (“distruzione”). Il secondo termine ingloba anche le persecuzioni e l’uccisione di milioni di altre persone ed etnie ritenute “indesiderabili”: gli omosessuali, gli oppositori politici, gli zingari, i Testimoni di Geova, i soggetti con handicap fisici e mentali, gli Slavi e i polacchi non ebrei.

I Testimoni di Geova (triangoli viola) furono tra i primi ad essere presi di mira, già nella primavera del 1933, dallo stato nazionalsocialista con la deportazione nei campi di concentramento, documentabile almeno sin dal 1934. Essi rifiutavano il coinvolgimento nella vita politica, non salutavano con il classico “Heil Hitler” né prestavano servizio nell’esercito tedesco. Morirono poiché non vollero abiurare alla loro fede. Infatti solo per i Testimoni di Geova era prevista l’opzione della liberazione dal campo di concentramento attraverso una semplice firma di abiura. La maggioranza non scese a compromessi con il regime nazista, anche a costo della vita. Altro motivo per cui erano perseguitati era la loro denuncia sugli stampati, che diffondevano, delle barbarie naziste. Per questo la Gestapo e le SS profusero un impegno spropositato nel vano tentativo di annientare questo gruppo relativamente piccolo.

I testimoni di Geova portavano sull’uniforme un triangolo viola, segno di riconoscimento imposto, come per le altre categorie all’interno dei campi. “Il significato morale di tale segno non potrà mai essere ignorato.” Oggi presso il museo di Buchenwald, un ex campo di concentramento, sorge un lapide in memoria dei Testimoni di Geova che vennero deportati. Il verso biblico di Atti 5:29 è inciso sulla lapide: “Dobbiamo ubbidire a Dio quale governante anziché agli uomini”. Questo principio permise a quei fedeli di rimanere integri in circostanze tanto anguste. Nel maggio 2017 anche la città di Telcherberg dedicò una targa commemorativa ai Testimoni di Geova vittime del Nazismo in Austria. Nel corso della cerimonia vennero ancora una volta rammentati il coraggio e la perseveranza che ebbero nel “non cedere ad un sistema inumano e crudele”. Centinaia Testimoni di Geova persero la vita nei campi di concentramento.

La fermezza dei Testimoni di Geova, la loro fede vissuta fino al martirio è stata ampiamente riconosciuta e deve essere ricordata, insegnata ai nostri figli così come tutte le altre espressioni di odio e intolleranza. Come disse il filosofo George Santillana “Chi non ricorda il passato è condannato a ripeterlo”. Oggi in tempi tutt’altro che luminosi più che mai si sente il bisogno di ripetere il classico “Mai più!”. Per conoscere la storia dei Triangoli Viola è possibile visitare gratuitamente il sito ufficiale jw.org.