LARINO. Le elezioni regionali viste alla luce di una vecchia tecnica Ioriana.
L’esito delle elezioni regionali molisane non consente di proporre valutazioni tali da consentire di trarre ipotesi di livello nazionale.
I dati sono semplici, soprattutto perché possono collocarsi solo in un ambiente politico e geografico ristretto. Non c’è dubbio che l’M5s sia arretrato del 13% nei due capoluoghi, ma solo come lista e non in quanto a candidato-Presidente. Il Pd dal 15% è crollato al 9%, ma comunque tre liste ‘alleate’ hanno sfiorato – nel loro insieme – il 7%.
Il guadagno del Centrodestra (oltre il 18% come liste, più dell’11% per quanto concerne il Presidente Toma) non permette di parlare di un potenziale trionfo. In quanto ai rapporti di forza instauratisi fra leghisti ed azzurri, una volta constatato che Forza Italia (9,4%) si ritrova appena ad un punto dal Carroccio, finisci con lo sbattere su di un curioso esito politico che non ammette conclusioni nette sul risultato molisano che, per essere adeguatamente misurato, non può allontanarsi dalla valutazione di alcune componenti. Segnatamente quelle relative: 1) al numero degli elettori interessati, pari a quello di un municipio romano, al cui paragone il voto alle prossime Comunali sarebbe già un appuntamento sicuramente di maggiore importanza; 2) gli spostamenti, in termini di suffragi, non sono sconvolgenti, anche perché il primo elemento da considerare è il forte calo della partecipazione, sia rispetto alle precedenti regionali che alle politiche del 4 marzo: dal 71,3 al 52,2%; 3) va notata l’elevata presenza di liste con influenze personali non avvertite alle ‘politiche’.
L’esame dei suffragi conseguiti dal Centrodestra permette di sottolineare un dato notevole: il fatto che sia stato determinante, per la conquista di Palazzo d’Aimmo, il ruolo delle liste non partitiche e, ancor più, quello di alcune decine di candidati collocatisi ai nastri di partenza. Questa particolarità (9 liste collegate) fanno comprendere a fondo la cecità dei ‘grillini’ che, sinché non mediteranno in ordine alla necessità di adottare un’analoga tecnica (alleandosi in formazioni) avranno modo di non intercettare vagonate di voti. Il sistema di decuplicare le forze (che – in altri tempi – fu un’invenzione di Michele Iorio) permette di assemblare un incredibile effetto moltiplicatore, originato dal numero delle liste in cui abbondano candidati in abbondanza, con un carico di amici, di parenti, di ‘clientes’, di compari e di familiari.
E questo accade soprattutto nelle regionali ma non nelle politiche dove il ruolo dei notabili o quello dei grandi elettori o dei titolari di pacchetti di voti viene drasticamente azzerato. Di qui il successo, a marzo, del Movimento nel Mezzogiorno, espressosi con un voto di protesta scollegato dalla presenza di Tizio o di Caio.
L’abbinata (alle politiche) di ‘Noi con l’Italia’ e ‘Udc’ (sopra l’1%) aveva denotato la quasi inconsistenza di tanti antichi feudatari. Fate caso, invece, alla presenza, nel cartello molisano del Centrodestra, sia dell’ ‘Udc’ (oltre il 5%) sia di ‘Noi con l’Italia’ (Michele Iorio, schieratosi con Raffaele Fitto), che ha conquistato poco meno del 4%. Va poi citata la lista ‘Orgoglio Molise’, capeggiata da Vincenzo Cotugno, Presidente dell’Assemblea regionale uscente in quota Centrosinistra, che ha portato al Centrodestra un 8% abbondante. Sono perfino risorti i ‘Popolari per l’Italia’, dimenticato movimento creato da Mario Mauro, prima scissosi da ‘Fi’ e poi tornato alla base. Se ne erano perse le tracce, ma si sono piazzati sopra il 7%.
Per ciò stesso, l’indicazione che si può trarre da questo turno elettorale è quello per cui la funzione dei candidati locali è ritornata a pesare, fossero pure figure minori del firmamento politico della ‘ventesima’. Visto l’approssimarsi delle elezioni di giugno (comunali), può dedursene che l’affiancamento di liste civiche a formazioni ufficiali di partito, potrebbe trovare conferma, acquisendo un gradimento che prima non c’era.
Claudio de Luca


