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venerdì 14 Novembre 2025
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Dalla scrittura sociale al video, un’epoca è tramontata

TERMOLI. Oggi, nel Paese della bugia, la verità potrebbe rivelarsi una malattia. Ne è testimone ‘internet’ che ha sostituito i ’social’ di mezzo secolo addietro (i bar, i barbieri, le sezioni di partito e le drogherie), quando i pettegolezzi, appena sussurrati, partivano lievemente, come una pallina di neve, ed alla fine riuscivano a scendere a valle come una valanga. Dapprincipio l’annuncio somigliava all’accenno di una bugia, poi diventava un’allusione che denigrava e, lentamente, faceva diventare il destinatario un campione di ribalderie. Ma oggi la calunnia non è più un venticello; ed un’accusa, soprattutto se inventata di sana pianta, potrebbe originare un danno irreparabile. Perciò, in tempi in cui la globalità la fa da padrone, tutto dovrebbe essere trasparente e verificabile; ma spesso risultiamo oppressi dalle menzogne senza riuscire a discernere più il falso dal vero. Si è giunti al culmine soprattutto nel giro delle amicizie su “Facebook”, quando leggiamo di “post” in cui si parla di politica regionale o comunale, spesso rinunciando addirittura – e solo per far prevalere la polemica – a parte dei nostri valori. Perciò, così come la bugia, anche la “verità” può rivelarsi infettiva. E, insistendo a dirla, pure quest’ultima può diventare (magari a torto!) un’inarrestabile epidemia.

Intanto la comunicazione in forma scritta festeggia 25 anni che ci hanno fatto vivere anche momenti formidabili; ma, al presene, molti hanno l’impressione che sia in atto una inversione di tendenza che non ancora salta all’occhio ma che trascina con sé dei segnali inequivocabili. Oltre il valico sta aprendosi un mondo popolato di suoni e di immagini su cui i giovanissimi si sono lanciati senza farsi troppe domande. Gli utenti più stagionati dei ‘social’ se ne sono accorti e si sono subito chiesti perché stesse verificandosi questa mutazione. E qualcuno ne ha tratto la convinzione che la parola scritta, essendo più impegnativa, da scrivere o da leggere, può prestarsi a malintesi, soprattutto quando la forma sia poco perfetta. Di contro il suono è più diretto e le stesse immagini ben più tranquillizzanti. Dev’essere questo il motivo per cui vanno appannandosi ‘Face book’ e ‘Twitter’ mentre ha preso a crescere ‘Istangram’. Vediamo calare gli Sms (definiti da qualcuno ‘Stanchi messaggi senili’) mentre gli ‘emoticon’ appaiono sempre più sofisticati. Su ‘WathsApp’ lievitano i messaggi vocali, subito appresi da ‘svelti’ nonni e da precoci nipotini che hanno appena imparato a tener fermo il dito durante la registrazione. Sul ‘web’ gli investitori pubblicitari chiedono soprattutto i ‘video’. Il tintinnio delle natiche di un’attrice formosa, collocatasi nell’ “Isola dei famosi”, ottiene più visualizzazioni dei pensosi editoriali che affliggono la Stampa nazionale. Insomma è cominciata a tramontare quella che può essere definita la gloriosa epoca epistolare, durata alcuni secoli.

Il primo colpo fu inferto dal diffondersi dell’apparecchio telefonico domestico ai primi del ‘900. Si ricorderà che, negli Anni ’60, il telefono in casa era posseduto da un numero discreto di famiglie. Nel decennio successivo le lettere venivano ancora vergate, ma solo dagli innamorati, con un numero di epistole che aumentava in termini esponenziali se l’innamorato fosse stato un grafòmane. A scuola gli insegnanti venivano fatti fessi proprio sotto agli occhi e ci si scambiava dei ‘pizzini’. La situazione cambiò, ancora più velocemente col dilagare dei ‘fax’ negli Anni ’80 finché – nel 1990 – grazie agli ‘sms’ – la comunicazione ridiventò scritta. Il grande ‘boom’ del testo intervenne grazie ad ‘internet’ e le ‘e-mail’ costrinsero la gran parte dei giovani a reimparare a scrivere sinché s’insediarono i ‘social’. Cosicché, per accendere un dibattito o per chiedere un appuntamento bisognava sapere scrivere (e farlo anche bene!) perché – come dicevano i Latini “Verba volant, scripta manent” e non bisognava fare brutte figure. Ed ora padroneggiano le immagini di ‘Instangram’.

Claudio de Luca