LARINO. Braccia di carta: un fenomeno che si riscontra anche in Molise.
(Pubblicato in Cultura e società | redazione@termolionline.it / 27 giugno, 2014)
Questa testata scriveva del fenomeno, sia pure visto da altra angolazione, già 4 anni fa. Inascoltata! Soltanto dopo il grave incidente ed i tanti braccianti morti è stato “scoperto” quel che – invece – si doveva sapere da tempo. Perciò, riproduciamo il testo pubblicato allora, se non altro a futura memoria, per altre penose vicende che potrebbero verificarsi.
A dire il vero, cartelli espliciti non se ne vedono; però, stando ai “si dice”, pure nella ventesima regione si “vendono” giornate virtuali ai braccianti. Se le Forze dell’ordine e gli istituti previdenziali dovessero essere incaricati di passare al setaccio le molteplici assunzioni inesistenti; se si verificasse l’entità dei contributi mai versati con gli importi delle indennità di disoccupazione percepite senza titolo, potrebbe venire alla luce un vero e proprio mercato di carta che fonda la propria vivacità sul meccanismo degli assegni introitati a spese della Previdenza sociale sulla semplice scorta del numero delle giornate di lavoro dichiarate. Qualcuno dice che, a gestire il tutto, sarebbe un cartello di aziende campane, ben ramificate sul territorio molisano, che utilizzerebbero in nero centinaia di extra-comunitari, lucrando il frutto delle dichiarazioni rese successivamente da braccianti locali. Il fenomeno sarebbe d’importazione ed entrerebbe nella Pastria di Cuoco solo perché si è scoperto che si tratta di un teatro presso che vergine per l’azione di “forestieri” disonesti.
Queste aziende spillerebbero all’Inps danaro a fiumi, quantificabile in proporzione alla scarsa entità della classe bracciantile locale. Naturalmente il fenomeno non è solo molisano perché in molte altre regioni, i campi sarebbero seminati a raggiri cartacei, se non addirittura piantumati ad alberi che fruttano evasioni fiscali per milioni di euro. Perciò, se la Capitanata parrebbe detenere il record dell’imbroglio contributivo e fiscale, altri territori potrebbero conseguire un “Guinness” nel lavoro nero (come il Veneto, per il vino e le fragole); nell’utilizzo di minori per la vendemmia (come il Piemonte); nell’uso di cooperative bracciantili-fantasma (come la Sicilia, per l’incassettamento delle arance). Il meccanismo è semplice. Chi lavora davvero sono gli immigrati di colore, sottoposti a turni che massacrerebbero un elefante, alloggiati in baracche degne dei personaggi vicini allo zio Tom letterario ed assoggettati a versare la tangente al “caporale”. Poiché il lavoro è in “nero”, all’INPS non giunge alcun importo contributivo. Successivamente, subentrano “i braccianti di carta” che permettono di scaricare i costi dei loro compensi, quasi che fossero stati corrisposti per davvero.
Dopo di che questi soggetti vengono velocemente trasferiti altrove per rendere operativo il gioco in un’altra regione con i pomodori, l’allevamento del bestiame, la vendemmia, la raccolta delle mele, degli agrumi e delle fragole. Un’azienda per assumere braccianti ha soltanto il problema di procurarsi un terreno incolto. Con i documenti ottenuti, l’Inps fornisce l’armamentario burocratico che pone l’imprenditore poco onesto nella condizione di accedere al prelievo dei quattrini pubblici. Addirittura, si redigerebbero contratti falsi, di affitto o di proprietà, con riferimenti catastali imprecisi, riutilizzati più volte, per terreni affittati a soggetti diversi, così da lucrare più volte sul medesimo campo. Magari chi affitta è un prestanome che crede di cedere un bene a persone oneste. Senonché queste ultime passano all’incasso già dopo alcuni mesi, richiedendo gli indennizzi dovuti per i braccianti cartacei rimasti “disoccupati” dopo le rituali 52 giornate lavorative. Ed ecco come diventa possibile fare sborsare migliaia di euro alla Previdenza sociale. In definitiva, accanto a titolari di aziende-fantasma, che sottoscrivono moduli, vi sarebbero terreni inesistenti (o addirittura di proprietà altrui) e “braccianti” di cui vengono utilizzate solo le generalità, mentre, nella realtà, sarebbero gli extracomunitari a lavorare per un pugno di centesimi.
Claudio de Luca
