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lunedì 17 Novembre 2025
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​Una riflessione sulla prescrizione dalle nostre parti e sui connessi criteri di priorità

LARINO. Trascorso un certo numero di anni, un reato si prescrive e, fossi pure colpevole, me ne andrei assolto perché il reato si è estinto (‘tamquam non esset’). I tempi sono variabili: per una contravvenzione si arriva a poco più di 5 anni; per tutti i reati puniti con la pena massima fino a 6 anni (che sono la maggioranza) a 7,5 anni; per i reati con pena massima più grave, l’istituto ha effetto quando sono passati tanti anni quanti sono quelli previsti come pena massima più 1/3. In sostanza, per un reato punito con 10 anni di pena massima, la prescrizione matura dopo 13 anni e 4 mesi. Ultimamente c’è stato un aumento dei termini: un anno e mezzo dopo la sentenza di primo grado e un anno mezzo dopo quella di secondo grado. Sintetizzata così, il lettore si chiederà quale sia il problema. Basterebbe concludere un processo penale in 9 anni e addirittura in 15/16 e così via. In teoria sarebbe possibile se non fosse per un codice di procedura che costringe a rifare tutto quello che è stato fatto durante le indagini ma soprattutto per via della enorme quantità di processi pendenti.

Ogni anno se ne aprono 3 milioni contro i 300mila della Gran Bretagna che conta la medesima quantità di abitanti dell’Italia ed ha una dotazione organica di giudici grosso modo uguale. Nella pratica di ogni giorno ciò significa che un fascicolo, giunto oggi in Procura, sarà istruito tra 1 od anche tra 2 anni (salvo casi particolari), quando arriverà il suo turno. Dopo di che il Tribunale fisserà il processo (che non si chiuderà mai nell’arco di una sola udienza) non prima di 1 anno e 1/2. Con questi tempi, che sono usuali, arriviamo a 4 od a 5 anni. Ove si voglia appellare la sentenza, occorre attendere un altro quinquennio (e siamo a 9-10 anni). Poi c’è la Cassazione (ulteriori 3 anni di attesa). Capite che, per un imputato (che sappia di avere commesso il fatto) è tutto grasso che cola; mentre chi si ritenga innocente giustamente è preoccupato un tantino.

La prescrizione decorre dal momento in cui il reato è stato commesso. Sicché, per una rapina, un omicidio, una diffamazione, la Giustizia si attiva tempestivamente: le Forze dell’ordine cominciano le indagini, la parte offesa querela e non si perde tempo. Ma pensate ai reati contro l’economia ed alle corruzioni. La Guardia di Finanza comincia una verifica che deve ‘coprire’ 3 anni di attività pregressa (diciamo 2017-2018-2019); alla fine del 2020 comunicherà alla Procura che, per il 1° anno, ha constatato una frode fiscale od un falso in bilancio e che c’è ragione di ritenere che queste somme siano finite nella tasca dell’imputato ‘x’. Se anche le indagini cominciassero a tamburo battente, sarebbero già scaduti 5 anni del tempo necessario a prescrivere (che ammonta a 7 anni e 1/2). Per arrivare ad una condanna confermata in Cassazione resterebbero appena 2 anni e 1/2 (più l’anno e 1/2 dopo la sentenza di Tribunale e l’anno e 1/2 dopo la sentenza d’appello) Insomma alla decisione del Tribunale non si arriverà mai: indagini, udienza preliminare e dibattimento i due anni e 1/2 se li «fumano» come niente; e poi, “assolto, assolto»”, come disse l’avvocato Bongiorno quando ad Andreotti fu applicata la prescrizione. E, se anche ci si arrivasse, tra il Tribunale e l’Appello passano almeno 5 anni: prescrizione garantita.

Questo è l’istituto in argomento, visto da un non-addetto ai lavori. Così come si atteggia, permetterebbe di tenere solo gli omicidi e il traffico di droga che si prescrivono dopo 15-20 anni: Ed allora perché mandare a giudizio migliaia di processi che non si faranno mai dal momento che il Tribunale e l’Appello ne potrebbero dichiarare la prescrizione? Al contrario, se evitassimo di ‘ingolfare’ i vari gradi di giudizio di processi inutili, si potrebbero celebrare più celermente quelli che restano e riuscire a concluderli prima che giunga all’orizzonte il termine di prescrizione. Il fatto è che spesso si seguono soprattutto i processi che fanno i titoli sulla Stampa. Ed il Molise c’è già capitato con le vicende di ‘Black-hole’ trattate solo dalla Stampa locale e da quella nazionale.

Claudio de Luca