MOLISE. La sicurezza è un diritto di tutti. Questo messaggio sale da Città e Paesi, soprattutto quando alcuni tra i suoi componenti siano stati resi protagonisti di eventi spiacevoli. Sicuramente è legittimo desiderio di ognuno potersene stare tranquilli nella propria abitazione, sul posto di lavoro o nella propria comunità; e siamo certi che, a soffrire di più della carenza di sicurezza, finiscono con l’essere i ceti più poveri e quelli più fragili. Pur tuttavia credo che la gente, sebbene al limite della sopportazione, comunque non pretenda degli sceriffi a capo delle proprie comunità, mentre desidera che i Sindaci si diano da fare molto di più in direzione della tranquillità delle nostre contrade e delle nostre città. Insomma, il buon esempio per una più corretta convivenza deve venire per primo dall’Autorità locale che ha il dovere di incidere pure sui comportamenti dei suoi amministrati quando questi non avessero a collimare con il buon andamento della vita quotidiana. E qui i primi ad essere più presenti debbono essere gli addetti ai Corpi e Servizi di Polizia locale. Ma ciò potranno fare solo quando posti nella condizione di agire, attrezzati e rinvigoriti negli organici. Dunque, niente ideologismi da parte di chi scrive, ma la mera presa di coscienza che lo stato dell’arte nel nostro Molise è proprio questo: i problemi della sicurezza vanno aumentando, si aggravano e la vecchia mentalità dei nostri Sindaci non risponde; o, se lo fa, lo fa in ritardo.
Dunque, quando si ritorni a discutere di sicurezza, entra in ballo – con prepotenza – la necessità di una riforma della Polizia di prossimità. Per chiarire questo concetto dirò che occorre dare una risposta immediata, ed a costo zero, ai problemi posti dall’attuale contingenza. Nel Molise, sino a 15 anni or sono, i Vigili urbani erano oltre trecento; oggi sono stati ridotti, si e no, alla metà. Chi ha condotto i giochi per restituire ai minimi termini (non solo nella ventesima regione ma in tutta Italia) quella che una volta era la quarta forza in uniforme italiana? Evidentemente quelle stesse Amministrazioni locali che, oggi, dovrebbero essere chiamate a rispondere di quanto va succedendo. E tutto questo è accaduto proprio mentre in Italia siamo passati da un regime statalista ad una democrazia partecipata, e proprio quando un profondo decentramento ha portato i Sindaci a dovere assumere responsabilità sempre maggiori nei confronti dei propri cittadini, finendo con il dovere rispondere pure dei problemi inerenti alla sicurezza che costituisce un diritto primario dei cittadini che – come tale – deve essere garantito permanentemente. Esso non ha colore politico; e, a fronte della auto-dichiarata penuria di mezzi e di uomini dello Stato, gli agenti di Polizia locale, opportunamente addestrati, potrebbero divenire – a pieno titolo – protagonisti della sicurezza quotidiana locale.
Col Ministro Bongiorno lo Stato ha finito col permettere di ampliarne a sufficienza gli organici, seppure, tra breve, accadrà, che chi è entrato oggi nei ranghi (come a Larino) non riuscirà a soppiantare il numero di chi andrà in pensione a breve. Insomma, c’è ancora tanto da fare; e non v’è dubbio che la sicurezza vada pensata in due modi: c’è quella pubblica, da perseguire con un’attenta politica integrata a cui i sindaci non possono sottrarsi, chiedendo di intervenire proprio alla Polizia locale. Poi c’è quella concernente l’ordine pubblico, che implica la salvaguardia o la protezione da attacchi, aggressioni, danni contro la persona e contro i beni. Soltanto questa deve rimanere di competenza della Polizia statale, dal momento che a venire in gioco è proprio l’integrità dello Stato. La maniera migliore per restituire sicurezza è diffondere la legalità nella nostra stessa società, senza farsi confondere da chi sostiene che “prima va capita la cultura” di ciascuno. Insomma, seppure ciascuna comunità ne avesse una, quella della convivenza non potrebbe non chiamarsi legalità che è pratica quotidiana ed amministrazione della giustizia. Facciamo un esempio concreto: vi sono intere zone del Molise dove nessuno indossa il casco per andare in moto o le cinture per pilotare l’auto. Una roba del genere non può che avere un preciso significato: ciascuno della legge se ne frega. E questa posizione non può essere catalogata quale cultura locale. Molto più semplicemente essa indica che manca la legalità. Perciò, teniamoci lontani dagli ideologismi e diventiamo pratici.
Claudio de Luca