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giovedì 13 Marzo 2025
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​Allarme a scuola: dal Sudamerica arriva lo sgambetto ‘spacca-cranio’

TERMOLI. Il nome sudamericano è Rompecraneos, tradotto come Skullbreaker challenge dagli americani e come spacca-cranio (o testa) in Italia. L’idea, abbastanza pericolosa, consiste in una sfida (challenge per l’appunto) tra tre ragazzi posizionati uno accanto all’altro: i due esterni saltano in sincronia e, una volta terminato, tocca al ragazzo (o ragazza) al centro fare lo stesso. E qui arriva lo spacca-testa: mentre la persona al centro è in aria, gli altri due fanno uno sgambetto e provocano la caduta della vittima, ignara di ciò che sta accedendo e che, perdendo l’equilibrio, sbatte violentemente la schiena o la testa al suolo rischiando lesioni gravi.

La sfida ha già provocato numerosi feriti negli Usa, addirittura un morto e, grazie alla diffusione sui social network, Tik Tok in primis che l’ha originata, sta arrivando anche in Italia. I soggetti più sensibili sono proprio gli adolescenti che, pur di emulare i loro coetanei oltreoceano, si sottopongono alla sfida, riprendendo la scena e postandola su Instagram. Proprio per evitare il diffondersi nelle aule italiane e termolesi, abbiamo chiesto un parere allo psicologo e psicoterapeuta (nonché consigliere comunale a Termoli) Nicola Malorni:

«Colpiscono, guardando i filmati che girano ormai sui social, la freddezza, l’eccitazione e la totale inconsapevolezza delle possibili conseguenze della Skullbreaker Challenge: skullbreaker, non a caso, letteralmente significa “rompicranio”. Un’espressione del genere dovrebbe attivare nell’essere umano quei freni inibitori istintivi che sono alla base dei processi di autoregolazione della specie che preservano la salute e la stessa continuità della vita. Comprendiamo come questa ennesima espressione perversa della violenza giovanile perpetrata attraverso i social rilevi un grave rischio evolutivo per le nuove generazioni, di cui la “Comunità educante” dovrebbe farsi carico.

È chiara la dinamica: due sono i giovani, maschi o femmine, che compiono, ossessionati dal bisogno di apparire forti e onnipotenti di fronte ad una webcam o uno smartphone che registra la scena, una dimostrazione di controllo e potere sulla “vittima sacrificale”, che posta al centro viene fatta cadere rovinosamente a terra con due calci laterali.

La “vittima” può essere consapevole e quindi co-protagonista della Challenge oppure ignara. Quel che è certo è che il gruppo di giovani, che comprende anche gli spettatori, come sempre accade nei fenomeni di bullismo e di cyberbullismo, è inconsapevole veicolo di parti distruttive che possono rivelarsi, nella loro inconsapevolezza, molto pericolose.

E vi sono poi anche i danni psicologici conseguenti perché il potere virale dei social permette alle scene registrate di raggiungere proporzioni di divulgazione enormi amplificando a dismisura i sentimenti di vergogna, di disvalore o di impotenza che attanagliano la vittima ignara. Il rischio di emulazione, certamente favorito dai social, trova ovviamente terreno fertile in una problematicità diffusa tra molti giovani che riguarda in particolare la loro affettività, ormai sacrificata a causa di scarse possibilità di relazioni tra corpi e menti, capaci di attivare emozioni grazie ad esperienze di Bellezza, come quelle delle attività culturali, artistiche, sportive ecc. Da qui discende l’importanza di investimenti maggiori nelle politiche sociali e culturali a favore dei giovani, delle famiglie e della scuola».