Occhi verdi e sorriso sincero che l’accompagna da sempre, Francesca ha lasciato il suo Molise, dove torna spesso, per diventare ricercatrice e per inseguire un sogno che, poche ore fa, l’ha resa ‘famosa’. Una parola che lei stessa rinnegherebbe, chiusa nel suo guscio di timidezza, acclamata dai giornali e dagli italiani che hanno imparato a conoscerla e ad apprezzarne l’umiltà: “Ringrazio per il supporto ma al momento non posso rilasciare interviste”, ha scritto qualche ora fa a TermoliOnline che ha provato a contattarla.
È lei che, materialmente, ha manipolato provette ed agenti patogeni per riuscire ad isolare il virus che, da qui a qualche mese, sarà debellato grazie ad una cura. Ma questo non la fa sentire superiore, anzi: “È stato un lavoro di squadra”, ha detto ai giornalisti di La Repubblica che hanno avuto l’occasione di parlarle. Francesca ha lasciato il Molise da ragazza, decidendo di studiare nella Capitale prima di arrivare all’ospedale che le ha fornito gli strumenti necessari per isolare il coronavirus: “Sono sei anni che lavoro per lo Spallanzani – ha raccontato ancora – Prima con un co.co.co, ora con un contratto annuale. Guadagno sui 20mila euro l’anno”.
Schiva e stacanovista, Francesca ha sempre creduto nell’Italia decidendo di restare in patria “a fare il lavoro nel posto che amo”, ha sottolineato al giornale nazionale a cui ha aggiunto: “Mi piace quello che faccio e dove lo faccio. Ma in Italia è dura, capisco quelli che se ne vanno, spero davvero che la situazione migliori”. Combattiva e determinata, Francesca unisce i microscopi e la precisione nel manipolare i virus, alla passione per la pallavolo e per i viaggi di lavoro e di piacere. Parigi, Grecia, Bruxelles e poi l’Africa dove ha studiato l’ebola.
Francesca è il volto di una generazione, quella definita più volte ‘mammona’, che non si arrende, sempre pronta alla sfide che la attende e che non si accontenta di un lavoro, ma è mossa dalla passione e dalla voglia di cambiare il mondo. E mentre il suo profilo Facebook viene invaso da migliaia di messaggi di congratulazioni e di auguri, lei indossa il camice bianco, anonimo e torna in quel laboratorio per lavorare e combattere nuove minacce per l’umanità.