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mercoledì 30 Aprile 2025
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​“Spirito di adattamento: tra Erasmus e quarantena”

TERMOLI. «Spirito di adattamento: tra Erasmus e quarantena. E’ quanto ci racconta la studentessa termolese Veronica Pinti.

«La specie che sopravvive è quella che si adatta” scriveva Darwin nel 1859. Per gli studenti universitari è un mantra: rinuncio all’uscita serale, il giorno dopo mi sveglio per studiare. Ora ce n’è di tempo per studiare e l’uscita serale non è neanche una remota possibilità. Gli studenti sono chiusi nei loro appartamenti o nei dormitori studenteschi, senza la possibilità di passare del tempo con i propri cari. La nonna chiede “Hai messo la maschera e i guanti?”, versione aggiornata dell’affettuosa domanda “Hai mangiato oggi?”.

Prima della minaccia “Coronavirus” 47mila studenti hanno scelto di partire per l’ Erasmus nel semestre estivo. A distanza di un mese tutto appariva capovolto. Le compagnie aree sospendevano i voli di linea e ne allestivano alcuni adibiti al rimpatrio: più di 10 mila studenti italiani rinunciano alla loro mobilità. Queste informazioni si perdono tra i dati inerenti ai contagi, al numero dei morti, al numero dei guariti, agli incessanti decreti ministeriali.

Se la voce “Erasmus” è tanto influente sul curriculum di un candidato ad un posto di lavoro, è perché dimostra la capacità di adattamento in un territorio e in una cultura straniera sotto la pressione di trovarsi ex abrupto in una realtà diversa. In Erasmus i propri modelli comportamentali, le strutture sociali e le abitudini culturali vengono messe in discussione: ogni giorno in fila in un ufficio diverso per ottenere la documentazione necessaria al soggiorno; i corsi universitari, il rapporto sociolinguistico con i docenti è diverso da quello a cui si è abituati; anche la spesa alimentare sembra un’impresa davanti alle etichette dei cibi in scatola, scritti in lingua straniera e dalle marche ignote. Anche una normale conversazione richiede uno sforzo in più per via della differenza linguistica. Si rimpiange di non aver studiato meglio la matematica alle medie: a quanti euro corrisponde una kuna? Fa tutto parte del gioco.

Oggi, durante il Coronavirus, trovarsi in un paese o nell’altro cambia tutto e non cambia nulla. La mancanza di contatto con gli amici e con la famiglia non è una scelta, non ha scadenza. Non è rimandata al fine settimana o alle vacanze di Natale. E la lontananza corre ugualmente lungo i chilometri tra due città e lungo le scale dello stesso palazzo. Da soli, in fila al supermercato, le persone osservano i propri passi e la distanza mantenuta gli uni dagli altri; contano mentalmente quanti soldi sono rimasti nel portafoglio, accanto a quel foglietto piegato che certifica la loro possibilità di uscire.

L’umanità è stata forzata ad adattarsi rapidamente ad un nuovo stile di vita, ugualmente al mutamento della definizione di “rapporto sociale” e di “fila in cassa” al supermercato. Cambia la comunicazione, cambia il linguaggio, già trasformato negli ultimi anni 2000. In Europa e al di fuori di essa tutti gli studenti stanno portando avanti i loro studi attraverso la rete virtuale, mezzo sperimentato e dibattuto fino a due mesi fa nel campo dell’educazione. Oggi non c’è tempo per pensare se sia efficace o meno, non c’è alternativa. Il professore comunica con gli studenti attraverso una webcam e gli studenti con lui in chat virtuali, sui social network. In fondo sapevamo che il nostro destino sarebbe stato questo, forse non così presto e forse non a causa del coronavirus. Ciò che sembrava allontanarci, oggi è l’unico mezzo che ci unisce: il virtuale è l’unica realtà possibile e la pandemia si fa mezzo paradossale di globalizzazione.

L’Erasmus è un’esperienza di vita, di crescita, di distanza da una società nota e confortevole e di avventura in nuovi meccanismi culturali. Da sempre siamo spronati a viaggiare, a uscire dal nostro nido per confrontarci con il diverso, ma nel 2020 la vera avventura e la crescita avvengono stando in casa: la società che ci era nota si sgretola intorno a noi e abbiamo solo il potere di guardare. Andare, restare, incontrare l’altro o starne lontano non sono più antipodi di una retta, ma punti di un cerchio che trova la congiunzione nel tanto celebrato ed esotico spirito di adattamento».