martedì 11 Febbraio 2025
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«La casa è un diritto, tante storie, quanta sofferenza»: dentro la “Città invisibile”

TERMOLI. Una battaglia quotidiana, quella della Città invisibile di Termoli. Ingaggiata da anni contro l'emergenza abitativa, come viene fuori anche dalle ultime storie di sofferenza, pubblicate sui social, con la relativa Pagina Facebook associativa.

Per motivi di riservatezza, i tre nomi sono di fantasia, ma le storie sono reali.

«Paola ha tre figlie minori. Un matrimonio che si è rotto alle spalle, al seguito del quale ha dovuto subire uno sfratto. Lavora in un noto ristorante di Termoli: ufficialmente, da contratto, per poche ore a settimana. Prende buona parte del suo salario fuori busta, come è da prassi generalizzata da queste parti. Con l’emergenza sanitaria e la chiusura di molte attività, peraltro, il lavoro è fermo da tempo. Riuscirà a pagare l’affitto nel nuovo appartamento ancora solo per un mese; poi rischia di finire in strada. A breve, infatti, scadrà anche il blocco degli sfratti. È in alto nella graduatoria per le case popolari, ma non ci sono assegnazioni di questi tempi …

Gianluca ha problemi di dipendenza da alcool e da sostanze. Ha anche dei precedenti penali alle spalle. Ultimamente ha avuto problemi legati alla vita di strada e alle storie di devianza. Ha la faccia gonfia, è sempre più nervoso. Christian chiede ogni giorno agli operatori una mano per trovare una casa: potrebbe pagare fino a 280 euro di affitto con il Reddito di Cittadinanza. Potrebbe, forse, lentamente tirarsi fuori dai suoi problemi, e non avere più la faccia gonfia e le costole incrinate. Intanto ha imparato a chiedere aiuto: ha chiesto di entrare al dormitorio, ma l’accesso gli è stato rifiutato. Nel frattempo Gianluca va ad occupare un posto in più alla stazione centrale. Tutte le sere, dopo che prende la cena alla mensa solidale, sistema la coperta nella sala d’attesa. In attesa che la notte passi e che un’altra giornata abbia inizio, alle cinque di mattina …

Testimony ha due figlie. È una donna sola: ha fatto un percorso nel sistema di accoglienza per i rifugiati di oltre due anni. Ora deve lasciare il progetto: qualche esperienza formativa alle spalle, molto tempo dedicato a crescere le sue due bambine, di uno e tre anni. Il compagno appare e scompare, poco comprensibile la relazione con quest’uomo conosciuto chissà come, chissà dove. Testimony deve lasciare il progetto perché è vittima dei decreti sicurezza che hanno escluso tante persone dal diritto alla protezione. Nessuno vuole affittarle una casa. Decide di partire per Roma, sembra a casa di amici. Il timore è che possa sprofondare in qualche circuito di sfruttamento sessuale o lavorativo.

Sono tre storie (i nomi dei protagonisti sono inventati) tra le tante che incontriamo noi operatrici ed operatori sociali. Siamo ogni giorno a contatto con la strada e con le sue storie di vita sofferente.

La questione casa non è un problema “solo” delle persone senza dimora, di chi una casa non ce l’ha, come Gianluca, ma riguarda una fetta ben più ampia della popolazione locale. Riguarda anche Testimony e Paola. Riguarda anche Claudio, che ha un lavoro precario (la sua busta paga, come quella di Paola, non rispecchia le vere ore lavorate) e che non riesce ad affittare un appartamento a Termoli insieme ad un compagno perché il costo è troppo alto.

Il problema dell’accesso alla casa è ampio e radicale, ci conduce cioè alla radice di molti problemi della società liberista. “L’accesso alla casa è, innanzitutto, un tema di diritto. L’esperienza degli ultimi 30 anni insegna che sull’attuazione del diritto all’abitare, come sulle risposte per l’emergenza sociale abitativa, occorre cambiare completamente registro, chiedendo ai decisori politici una nuova visione”.