CHI E' CHE VORREBBE L'AUTONOMIA DEL MOLISE – Nel 1963 vi fu chi immaginò lo spacchettamento periferico del Molise di modo che varie porzioni del territorio potessero essere annesse alle regioni limitrofe. Più tardi ci fu chi impegnò il Governo Monti a suddividere la Penisola in macro-Regioni aventi affinità economiche e sociali tali da consentire una spesa pubblica più meditata. Per la cronaca, è da dire che – per lo più – sono solo gli amministratori locali ad auspicare un’autonomia che resti così com’è; evidentemente perché in tal modo si rendono disponibili più poltrone per il vantaggio di chi, sul posto, di politica vive (e vegeta!) da troppi anni. Insomma la procedura non conviene ai politici molisani perché la Regione (secondo i dati riferibili all’Amministrazione centrale, esclusi gli enti previdenziali e le amministrazioni decentrate) vanta una notevole differenza tra spesa pubblica ed entrate. Alcuni docenti universitari hanno precisato che la cifra ha rivelato come il saldo tra la spesa pubblica complessiva ed il totale versato in imposte e tasse sia “positivo” nel senso che il Molise assorbe risorse dagli altri.
PAROLA DI ZIMBARDO – Alcuni ricercatori sostengono che le persone diventerebbero più “disobbedienti” (da un punto di vista sociale) quando l’ambiente che li circonda dovesse risultare irreparabilmente degradato. Per un’analoga tesi propende lo psicologo Philip Zimbardo secondo le cui vedute, ove l’amministratore di un condominio omettesse – per qualche tempo – di far sostituire i vetri rotti alle finestre di un edificio, prima o poi mani ignote provvederebbero a frantumare pure quelli rimasti intatti. Ciò accadrebbe perché la visione della prima superficie colpita invierebbe una sorta di messaggio, subito recepito in forza del suo significato pubblico più evidente: quello secondo cui, poiché nel caseggiato nessuno è stato incaricato di controllare certe situazioni, altre finestre verrebbero prese di mira perché i vandali hanno compreso che non avrebbero saldare dazio alcuno. Esplicitata in soldoni, la teoria rivela che sono proprio le condizioni di degrado di un ambiente ad accentuare certi comportamenti. Per di più dimostra che chi sia stato testimone della violazione di una norma è più propenso a trasgredire 'in proprio' ulteriori precetti. Insomma è il contesto medesimo a rendere evidente che in quella zona sia permesso di violare tranquillamente ogni regola di corretta convivenza.
LA MANCATA ATTENZIONE NEI CONFRONTI DELL'ARREDO URBANO – Sono veramente pochi i contesti urbanistici molisani in cui venga mostrata attenzione nei confronti dell’arredo urbano; anzi, all’incuria degli Amministratori, consegue quasi sempre il lassismo dei cittadini, prontissimi a lamentarsi ma giammai solleciti a fornire esempi di virtù civiche. Una volta il giornalista Gianni Brera scrisse che Milano non era più quella di un tempo solo perché si era reso conto che Palazzo Marino non tarava più gli orologi pubblici sulla medesima ora. Voleva dire che è dalle piccole cose che si misura la civiltà di un popolo e che, perciò, può essere definita “civile” soltanto quella comunità in cui la cura per i beni di tutti (e soprattutto l’attenzione verso gli altri) diventi un tratto distintivo. In una “civitas” cosiffatta lo sviluppo economico si accompagnerà al progresso civile in un virtuoso condizionamento reciproco. La “ricchezza” morale e materiale conseguitane sarà consistita nella qualità delle relazioni interpersonali; nella capacità dei cittadini di agire insieme (esorbitando dai propri interessi individuali); nella nettezza degli spazi pubblici; nella fiducia nutrita negli altri e nelle istituzioni; nel rispetto delle regole e della legalità; nella partecipazione perseguita pervicacemente; nella coscienza dei propri diritti e doveri che, in tal modo, diventerebbero una sorta di capitale sociale comune.
PAROLA DI PUTNAM – Oggi le città ed i paesi molisani non sembrano essere luoghi privilegiati di senso civico, in cui regni sovrana la cortesia. Eppure – direbbe Robert Putnam, studioso della risorsa coesiva (che si concreta nella fiducia riposta negli altri) e dei rapporti di reciprocità generalizzata – i potenziali "giardinieri civici" non sanno come riprendersi la scena. Ecco perché occorrerebbe riflettere fortemente su questi temi e ragionare sulla possibilità di concepire dei veri e propri piani comunali al fine di offrire concretezza ad una convivenza di civiltà e di cortesia: piani generali da cui far discendere azioni più articolate da attagliare a contesti di dettaglio (scuole, ospedali, aziende, etc).
Claudio de Luca