La condizione dei paesi – Chi sia stato testimone della violazione di una norma è più propenso a trasgredire 'in proprio' ulteriori precetti. Insomma è il contesto medesimo a rendere evidente che in una certa zona sia permesso violare ogni regola di corretta convivenza.
Or bene, basta guardare lo stato in cui viene mantenuta la gran parte dei centri molisani, grandi e piccoli, per rendersi conto di tale verità, sia pure con le scarse eccezioni del caso. Sono veramente pochi i contesti urbanistici in cui venga mostrata attenzione nei confronti dell’arredo urbano; anzi, all’incuria degli Amministratori, consegue quasi sempre il lassismo dei cittadini, prontissimi a lamentarsi ma giammai solleciti a fornire esempi di virtù civiche. Una volta il giornalista sportivo Gianni Brera scrisse che Milano non era più quella di un tempo solo perché si era reso conto che il Comune non tarava più gli orologi pubblici sulla medesima ora. Voleva dire che è dalle piccole cose che si misura la civiltà di un popolo e che, perciò, può essere definita “civile” soltanto quella comunità in cui la cura per i beni di tutti (e soprattutto l’attenzione verso gli altri) diventi un tratto distintivo. In una “civitas” cosiffatta lo sviluppo economico si accompagnerà al progresso civile in un virtuoso condizionamento reciproco. La “ricchezza” morale e materiale conseguitane sarà consistita nella qualità delle relazioni interpersonali; nella capacità dei cittadini di agire insieme (esorbitando dai propri interessi individuali); nella nettezza degli spazi pubblici; nella fiducia nutrita negli altri e nelle istituzioni; nel rispetto delle regole e della legalità; nella partecipazione perseguita pervicacemente; nella coscienza dei propri diritti e doveri che, in tal modo, diventerebbero una sorta di capitale sociale comune.
Una società veramente civile: Una città vivibile deve essere la risultanza di piccoli gesti, di responsabilità condivise, a partire dalla cura degli spazi che fanno da sfondo al nostro quotidiano agire. Il messaggio che ne consegue rimane quello secondo cui un Paese dovrebbe sempre rappresentare lo specchio di chi lo abita. Ecco perché serve l’attenzione generale verso l’ambiente e verso gli altri, attuabile soprattutto attraverso gesti minimi. In effetti anche un piccolo fatto cela un segreto di peso: se tu fai qualcosa, altro ne conseguirà; se non fai alcunché, potrai cambiare ben poco. Sicuramente, con un secchiello, non si potrà svuotare lo specchio del lago di Guardialfiera; ed una sola scopa non potrà bastare per pulire l’intera superficie stradale di Isernia.
Ma comunque occorre provare perché qualcosa può sempre accadere. Un gesto, pure minimo, potrà sembrare inutile, ma tale non è dal momento che sono proprio atti del genere a sviluppare una forza infinita. Se ognuno nettasse gli spazi pubblici davanti alle porte delle abitazioni di Campobasso, ne riuscirebbe più pulito l’intero agglomerato del capoluogo. Insomma la città ideale esiste 'in mente Dei' solo quando noi facciamo di tutto per non renderla terrena; perciò certe immobili e preziose distese di palazzi possono essere ammirate ed esaltate soltanto nelle tele dei pittori perché una comunità vera è segnata da ferite sicuramente inferte da noi stessi. Però quelle 'ferite' domandano amore; e – nel dipanarsi livido dei giorni – vogliono restare in piedi, pazienti. Ecco perché le case altrui non dovranno mai rimanerci “forestiere”. Una città non deve aver paura di morire perché rinascerebbe sempre, sempre che ne curassimo i luoghi. Le più presuntuose sono quelle che diventano di finto marmo nella loro conclamata antichità e che, per ciò stesso, non producono più alcuna emozione di pensiero. Di contro, la città vera e vitale è quella che non si porta addosso la polvere dei secoli, inutilmente compiaciuta di se stessa. E’ quella in cui avremo contribuito a rendere concreto un vivere più giusto.
Una Regione indebitata – Con meno di 300mila ab., la 20^ regione viene delineata dagli osservatori come una tra le più indebitate d'Italia. Un tempo producevamo 'jeans', poi polli in batteria fino addirittura alla lavorazione della barbabietola da zucchero. Poi, in questa minimale espressione geografica, è stata fatta nascere una costellazione di partecipazioni (sicuramente discutibili dal punto di vista economico-produttivo) al solo scopo di realizzare un sistema di potere ruotante intorno al Presidente di turno. Ne è fuoriuscita un’economia pubblica tramite cui gli Esecutivi 'pro tempore' intervengono nel capitale di numerosissime aziende che poi finiscono con il fallire dopo di avere assorbito decine di milioni di euro di fondi nel tentativo di tirare avanti con intraprese che, con i fini istituzionali, hanno a che fare come i famosi cavoli a merenda. Naturalmente il criterio di nomina dei vertici societari ha natura politica, con decisioni soventemente assunte monocraticamente, con un sistema che persevera benché la Magistratura abbia già inflitto qualche condanna in 1° grado ed attivato qualche diecina di procedimenti giudiziari. In vigenza di questo sistema di “nomine regie”, praticate – da Destra come da Sinistra (e già, perché è uguale) – nei vari enti strumentali, accade che possano essere osservati, “folgoranti in solio”, personaggi che non vorremmo mai vedere manco fermi dinanzi alla porta di casa nostra.
Claudio de Luca