TERMOLI. C’è chi ne valorizzerebbe molto di più il legame con la città di Termoli, dove nacque sul corso Nazionale, abitazione ricordata con una targa.
A lui è intitolato il liceo artistico e gli è stata dedicata anche la statua in bronzo al centro del corso, motivo di richiamo di tanti turisti che passeggiano in centro, oltre a un locale nel borgo ispirato al suo personaggio più celebre.
Benito Jacovitti inventò un originale ed inimitabile linguaggio grafico e letterario con i suoi leoni vivi ed i ‘saloon’ da incubo dove si consumano merende da cappellaio matto; e Cocco Bill lo aiutò in questa impresa, diventando il suo personaggio più famoso: un pistolero che anticipa di dieci anni le iperboli del western all'italiana consumando «doppie camomille al limone», sparando revolverate «nelle gengive dei cattivoni», mettendo «i pezzentoni» dietro le sbarre «in nome e cognome della legge» e galoppando in un far west psichedelico. Nato a Termoli, in provincia di Campobasso, nel marzo del 1923, era figlio d'un ferroviere che tifava per il Fascismo (da qui viene il suo nome di battesimo) e d'una donna d'origine albanese. Cominciò a disegnare le sue indemoniate tavole a fumetti a 16 anni. Esordì nel 1939 sul ‘Vittorioso’. I suoi primi personaggi: Pippo, Pertica, Palla, Cip il Poliziotto e l'indomita Signora Carlomagno. Fu allora che apparvero per la prima volta, sparsi qua e là le sue inquietanti lische di pesce ed i suoi salami senzienti, che stavano a Jacovitti come gli orologi flosci a Salvador Dalí e le linee colorate orizzontali e verticali a Piet Mondrian. Nel 1939, quando diventò un disegnatore di professione, Jacovitti viveva a Firenze, dove aveva seguito il padre ferroviere, e frequentava il liceo artistico. Il regista Franco Zeffirelli era suo compagno di classe.
All'epoca i fumetti erano un'arte giovane. Alcuni maestri del fumetto erano già al lavoro in America e in Europa. C'erano le storie di Flash Gordon e quelle di Tintin. Erano i tempi di Mandrake il Mago, di Topolino giornalista e di Cino e Franco. Ma c'è da dubitare che Jacovitti, uno che disegnava fumetti (o qualcosa di molto simile) da quando aveva 6 anni, si sia ispirato a qualche modello, specialmente esotico. Tra gli autori di fumetti dell'epoca, soltanto Al Capp (padre di Li'l Abner e della Contea di Dogpatch, di Daisy Mae e dei montanari maligni e infingardi detti “hillbillies”) fu altrettanto irriverente e originale. Ma è improbabile che Jacovitti, prima degli Anni ‘50, ne avesse anche soltanto sentito parlare. Il nostro fece tutto da solo. Era un talento naturale e gli obblighi del fumetto (la sceneggiatura lineare, la tavola sobria, il disegno disciplinato e pulito, il dialogo igienizzato …) gli andavano stretti. Forse la ragione è che gli altri suoi fumetti del 1957 erano nati per ragazzi e per bambini. Cocco Bill, invece, non sembrava destinato solo ai fanciulli. Era un fumetto anche per gli adulti, senza essere per questo un «fumetto adulto», con un'espressione che faceva la sua figura nei repertori chic, ma che avrebbe messo il disegnatore di Termoli di cattivo umore, come una barzelletta raccontata male. Cocco Bill, a differenza dei fumetti “adulti”, eternamente organici alle dottrine e alle mode del momento, era piuttosto un fumetto “alto” e raffinato.
L’Autore collaborò con importanti testate satiriche; e, nel 1945, subito dopo la guerra, fece uscire il primo ‘Diario Vitt’, che, ancora negli Anni ‘60, era l'unico in circolazione e vendeva qualcosa come due milioni e mezzo di copie: i testi erano di Gervaso, Montanelli, etc.; lui faceva i disegnini. Nel 1946 si stabilì a Roma, dove frequentava altri umoristi non-allineati (da Marchesi a Metz, da Steno a Fellini). Lavorava soprattutto per il ‘Vittorioso di Luigi Gedda, Presidente dell'Azione cattolica e futuro comandante in capo dei Comitati civici. Ma quando – nel 1948 – per le elezioni politiche che avrebbero deciso il destino del paese, la Dc gli commissionò un manifesto elettorale, Jacovitti pensò bene d'infilare scritto in un angolino, quasi invisibile: «Abbasso il papa». Del ‘Vittorioso’, dal 1939 al 1967 (quando la rivista morì), Jacovitti fu la star indiscussa. Intanto, sul ‘Giorno dei ragazzi’ apparivano le mirabolanti avventure di Cocco Bill e di Trottalemme, il suo cavallo, entrambi grandi consumatori di camomilla.
Altri celebri personaggi jacovittiani di quegli anni furono Zorry Kid, Jack Mandolino, Ghigno il Maligno, Battista l'ingenuo fascista, Tom Ficcanaso, il marziano Micrococco Spaccavento, Oreste il guastafeste, Elviro il vampiro, Giacinto il corsaro dipinto. Erano fumetti lunari, immaginifici, pieni d'invenzioni.
Collaborò per qualche tempo con ‘Linus’, rivista di fumetti sinistrissima, che gli censurò con involontario dadaismo una storia perché Jacovitti aveva disegnato una manifestazione studentesca che un passante commentava così: «Raglia, raglia, giovane Itaglia».
Più tardi i suoi disegni apparvero anche sul ‘Male’, su ‘Cuore’ e su ‘Tango’: l'ideologia era l'ultimissima delle sue preoccupazioni.
Jacovitti morì alla fine del 1997.
Claudio de Luca