mercoledì 5 Febbraio 2025
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CR7 e il cerino acceso

TERMOLI. La cessione di Cristiano Ronaldo della Juventus nel fotofinish della sessione di mercato estiva rappresenta il culmine di una gestione improvvisata che nasce proprio con l’acquisto di CR7, che compromette tecnicamente e come valutazione le figure di Mandzukic e soprattutto di Higuain e Dybala, per completare l’opera con la serie di allenatori che hanno provato a far ruotare la squadra attorno al fuoriclasse portoghese.

Paratici, allora deus ex machina dopo l’addio di Marotta al vertice manageriale del sodalizio bianconero, ha inanellato una serie di errori, pensiamo agli addii e ai ritorni repentini di Bonucci e Buffon (ora Kean?), alla perdita di uno zoccolo duro italiano nell’ossatura della squadra, alla fase difensiva rinnovata male e a singhiozzo e a un centrocampo progressivamente impoverito.

La teoria degli acquisti a parametro zero, che fu inaugurata dal Milan molto prima, non dà strategia, ma fiato corto.

Si poteva e doveva proseguire con Allegri rinnovando la squadra, con un progetto di ricambio di lungo respiro si sono persi degli anni, con alcune vittorie, anche rocambolesche, ma frutto della superiorità della rosa a dispetto di tutto, senza identità di gioco e un programma tecnico adeguato.

La pandemia ha fatto venire tutti i nodi al pettine, soprattutto quelli economici, con una mole di debiti e di mancati ricavi che hanno stretto all’angolo chiunque, anche i club più ricchi. La Vecchia Signora ha perso in un anno e mezzo anche i punti garantiti dal clima ambientale dello Stadium.

Ora, al 27 agosto, CR7 se ne va, portandosi via anche i ricavi del marketing, siamo certi che Kean venderà lo stesso numero di magliette, per dirne una e che i match saranno appetibili alla stessa maniera nei mercati internazionali, parimenti le partnership di carattere merceologico.

Ci viene da pensare quando Allegri nella sua conferenza stampa di esordio in questo secondo mandato da trainer della Juventus rassicurò tutti circa la volontà di CR7 di restare a Torino, oggi l’unica cosa che resta in mano, più alla società, che ad Allegri, è un cerino acceso.