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giovedì 1 Maggio 2025
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Tv e cellulari, rifiuti preziosi: vediamo perché

C’è una sindrome che colpisce i politici locali. Si tratta del fenomeno ‘Nimto’ (“Not in my terms of office”: mai durante il mio mandato elettorale). È curioso è che ciò accada proprio quando il ‘business’ dell’energia e dei minerali, estratti dai rifiuti, è diventato un motore economico.

Eliminare i televisori è solo uno spreco per l’economia nazionale, soprattutto ove si pensi che sarebbe sufficiente aggiungere un ‘decoder’ per allungarne la vita. In sostanza tv e pc-notebook rappresentano una miniera di materie preziose. Da tali oggetti è possibile ricavare fino a dieci plastiche diverse ma anche metalli (alluminio, acciaio, ferro, oro, argento, palladio e rame) estratti dalle schede elettroniche.

Dal trattamento del ‘Raee’ si recupera addirittura il 90-95% dei materiali, spiegano a Volpino dove funziona l’Amiat Iren, recuperando plastiche e metalli nonché rifiuti elettrici ed elettronici. In questo centro arriva addirittura materiale ancora imballato di cui i produttori si liberano per fare posto a nuovi modelli. Le plastiche vengono triturate, suddivise ed infine vendute ad aziende per successive lavorazioni; le schede di memoria del pc, una volta estratte, sono spedite nell’Europa del Nord perché in Italia mancano strutture specializzate per il recupero dei metalli preziosi. Di contro chi sia in grado di riciclare, si aggiudica una fetta importante di mercato, tant’è vero che in Valdarno si vorrebbe realizzare il primo impianto per il recupero di materiale di tanto valore.

Ma se la tecnologia permette, non consente ciò il pregiudizio ambientalistico con i tanti veti posti dalle Autorità e dalla lunghezza delle pratiche burocratiche. Nella sostanza, mettere paletti è un po’ come buttare via un tesoro. Per dare un’idea, una tonnellata di telefoni cellulari scartati assomma in sé stessa un’altrettale tonnellata da cui si ricava il prezioso minerale. Basti dire che, in un milione di telefonini, ci sono almeno 24 kg d’oro, 16mila di rame, 350 d’argento e 14 di palladio, risorse interamente recuperabili e restituibili al ciclo produttivo quando quello che non si ricicla è ricavabile a costi sempre più alti. Fonti specializzate ritengono che – nel 2019 – siano state generate 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, con un aumento del 21% rispetto al 2018. Solo il 17,4% è stato riciclato, cosicché una gran quantità di oro, di argento e di rame è finita in fumo, dispersa o bruciata che sia stata. Se si continuasse, entro il 2030, i rifiuti elettronici raggiungerebbero i 74 milioni di tonnellate con danni certi, questa volta, all’ambiente. A tale proposito v’è stato chi ha documentato che 98 milioni di tonnellate di anidride carbonica siano state rilasciate nell’atmosfera a causa di riciclaggi (non conformi) di frigoriferi e di condizionatori d’aria.

Uno studio delle Nazioni unite azzarda che 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, abbandonati a livello mondiale ogni anno, equivalgono a 62,5 miliardi di dollari (poco meno di un Pil annuo del Lussemburgo). I Raee crescono ogni anno di 2 milioni di tonnellate (circa il 3-4%) a causa dei livelli di consumo più elevati (+3% annuo).

Secondo un’analisi Ue ciascun europeo produce ogni anno 5 tonnellate di spazzatura, di cui solo il 38% viene avviato al riciclo. Grazie alla resistenza che si oppone alla costruzione di impianti di smaltimento, si preferisce esportarli in Paesi dove riciclare significa realizzare un ‘business’, previo sfruttamento della manodopera e dell’ambiente. quando gli scarti andrebbero sfruttati con un sistema di economia circolare. Per quanto concerne l’Italia, si spendono soldi per esportare ciò che altrove viene accolto, ed utilizzato, per ricavare materie da riciclare a fini di produzione di energia che, poi, finiamo con l’importare. Eppure la costruzione di impianti di trattamento e di valorizzazione energetica dei rifiuti concreterebbe un momento fondamentale per compiere il passaggio della transizione energetica. Più fessi di così!

Claudio de Luca