mercoledì 5 Febbraio 2025
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“Il tempo di guardarti”, la sfida musicale di Daniele Acquasana

TERMOLI. Oggi condanniamo l’abbandono di bambini e ne contrastiamo qualsiasi forma di abuso, disconoscendo spesso le trame profonde che segnano i destini di bambini “esposti” alla carcerazione dei padri.

“Come le canzoni che non passano alla radio” – recita il brano di Dasak (nome d’arte di Daniele Acquasana, assistente sociale, esperto in criminologia) finalista nella sezione “Nuove proposte” al Premio “Mia Martini” – le biografie di uomini carcerati e bambini “forclusi” alla paternità sono sottoposte ad un livello di rimozione collettiva aberrante.

Giunge ancora dal Molise una canzone pronta a sfidare i finalisti del prestigioso Premio della canzone italiana che racchiude in sé la ricchezza e la profondità dei brani d’Autore: una melodia che evoca risonanze profonde, un testo che condensa l’esperienza vissuta di padre (che è anche quella di Daniele) e quella rispecchiata dei detenuti che l’assistente sociale quotidianamente assiste.

Il testo esplicito del brano è un dialogo tra il padre detenuto e il figlio “esposto” come Paride al mondo, ma implicitamente si coglie anche il legame profondo che gli autori e la voce di Daniele intendono evocare in una società cieca, sorda, chiamata a scalare, attraverso le note elevanti della musica, il Monte Ida ove molti bambini, troppi, sono ancora oggi esposti, come il piccolo eroe Paride, a causa di profezie funeste che rischiano di autoavverarsi: bambini senza padri, padri senza bambini, esposti al terrore di non restare eterni, di vedere trasformata la propria vita in un lungo inverno; sono legami fragili che la musica di Daniele Acquasana promette di attenzionare, partendo dalla sua personale esperienza professionale e insieme artistica, al grande pubblico.

Per questo voterò fino al 22 ottobre per il testo di Dasak “Il tempo di guardarti” accedendo al link https//www.premiomiamartini.it/dasak/, perché è il “tempo di guardare” anche per noi, il tempo di ricongiungerci alle migliaia di bambini e bambine come Paride, facendo in modo che anche attraverso la musica le nostre collettività possano dare il giusto valore alle categorie più fragili, poiché, spesso non lo sappiamo – per dirla con i versi della canzone – “i bambini che piangono son come Dei che non sanno parlare, e cantano così. È il miracolo più grande, grande, grande.

Nicola Malorni