TERMOLI. Il Consiglio di Stato a distanza di quasi un anno riforma la sentenza del Tar Molise, che nel dicembre scorso annullò gli atti del comune di Termoli con cui veniva prorogata la gestione del servizio idrico integrato all’Acea Molise.
L’appello era stato presentato contro la Fma Opere e Acquedotti Sud s.r.l. (Florio Group). Sentenza arrivata a quasi sei mesi dall’udienza di merito, celebrata lo scorso 16 giugno.
Il Tar Molise, in accoglimento del ricorso proposto da FMA Opere e Acquedotti Sud s.r.l. (già Florio Group s.r.l.) e nella resistenza del Comune di Termoli e di Acea Molise s.r.l. (già Crea Gestioni s.r.l.), annullava: a) la delibera consiliare del predetto Comune n. 43/2020, avente ad oggetto “Gestione servizio idrico integrato della città di Termoli. Ratifica deliberazione di G.C. n. 299 del 17.12.2019”; b) la delibera giuntale oggetto di ratifica n. 299/2019, che aveva prorogato il rapporto di gestione del servizio idrico integrato con Crea Gestioni sino al 31 dicembre 2021; c) la delibera giuntale n. 243/2019, che aveva concluso che la procedura di subentro di Florio Group nella gestione del servizio idrico comunale non aveva avuto alcun esito; d) il verbale di riunione del 2 dicembre 2019 recante predisposizione di nuova articolazione tariffaria e redazione della bozza della convenzione di gestione; e) la nota comunale 12 agosto 2020 di riscontro alla diffida di FMA 7 agosto 2020.
In sostanza, per il Tar, l’Amministrazione avrebbe dovuto, da un lato, dare puntualmente conto di tutte le circostanze che avevano determinato l’affidamento provvisorio del servizio a FMA e la sua convenienza per l’Ente (rispetto a quanto disposto con la proroga), e dall’altro, anziché riassumerlo in maniera “neutrale” per le due società, imputare il mancato subentro al gestore scaduto, in quanto FMA aveva tenuto una condotta tale da manifestare inequivocabilmente il suo intendimento di subentrare nella gestione del servizio, e a tanto non si opponeva quanto evocato dal provvedimento circa il rifiuto di FMA di rimborsare all’operatore uscente gli investimenti effettuati (Regular Asset Base, cosiddetto RAB), che non avrebbero potuto essere ragguagliati nell’importo preteso da Acea, che era già stato contestato dagli stessi uffici comunali e che quindi non giustificava l’estromissione di FMA dalla gestione del SII, disposta con la proroga a tariffe maggiorate.
Si tratta di argomentazioni che non resistono alle critiche articolate nel terzo motivo di entrambi gli appelli in trattazione.
Segnatamente, non essendo mai intervenuto un conferimento della gestione delle infrastrutture idriche a FMA, bene ha fatto la delibera n. 43/2020 a dare atto che “nessun adempimento propedeutico all’effettivo passaggio di consegne” tra Acea e FMA fosse stato portato a compimento, non potendo essi adempimenti essere ragguagliati sic et simpliciter, come ha fatto il Tar, a un mero verbale di ricognizione degli impianti sottoscritto dalle due società il 29 marzo 2019 né alla comunicazione inoltrata da FMA al Comune e alle organizzazioni sindacali della disponibilità della società ad acquisire il personale dipendente del gestore uscente, attività che, seppur finalizzate all’avvio del subentro, non ne costituivano in alcun modo passaggi concreti, tant’è che FMA non risulta aver mai conseguito la gestione del servizio.
Pertanto, l’unico presupposto che il Comune poteva e doveva assumere nell’ambito dell’unico intento assunto dalla delibera, costituito dall’esigenza di assicurare la continuità di gestione del servizio nella situazione eccezionale venutasi a creare, era quello, di carattere oggettivo, della presa d’atto del mancato subentro.
E ciò anche perché, come correttamente rappresentato dal Comune, FMA, dopo aver sollevato eccezioni circa il pagamento del c.d. RAB in favore di Acea, di cui dà conto la stessa sentenza, non risulta aver formalizzato una contro-offerta o interpellato l’Amministrazione sulle modalità con cui dirimere le problematiche volte alla sua quantificazione, sicché non è chiaro perché l’Amministrazione avrebbe dovuto prendere una qualche posizione su tale questione nell’ambito di un provvedimento la cui pregnante finalità era scongiurare la paralisi del servizio.
Del resto, dopo aver richiamato il verbale della riunione svoltasi il 21 marzo 2019 tra il Comune, Acea e FMA, avente a oggetto la ricognizione delle problematiche del subentro, ivi compresa la richiesta di Acea di essere ristorata dei costi di investimento effettuati nell’arco della durata contrattuale, la delibera n. 43/2020, come espone in sostanza la stessa sentenza impugnata quando rileva che detta delibera contiene solo “la piatta e anodina affermazione” che nessun adempimento propedeutico all’effettivo passaggio di consegne fosse avvenuto tra Acea e FMA, non ha mai menzionato, né tantomeno validato, la quantificazione del RAB siccome effettuata da Acea.
Pertanto, l’osservazione del Tar che la stessa delibera “appare valorizzare” la circostanza che “il subentro non sarebbe avvenuto per il rifiuto della FMA/Florio di provvedere al rimborso all’operatore uscente degli investimenti effettuati (c.d. RAB, Regular Asset Base), il quale, secondo l’aprioristica impostazione della deliberazione comunale, sarebbe dovuto avvenire nell’importo determinato unilateralmente dalla Acea/Crea di € 1.193.090,00”, risulta palesemente disancorata dal contenuto della delibera sul punto così come illustrato dallo stesso Tar, il quale poi, su tale indebito presupposto, rileva anche una contraddittorietà provvedimentale che è invece inesistente. Invero, non avendo la delibera n. 43/2020 mai validato la quantificazione del RAB effettuata da Acea, non può neanche dirsi, come pure ha fatto il primo giudice, sulla scorta del fatto che questa era stata contestata ed era sub iudice da parte della stessa Amministrazione comunale (nota n. 23715 del 18 aprile 2019), che “secondo l’aprioristica impostazione della deliberazione comunale”, il pagamento del Rab “sarebbe dovuto avvenire nell’importo determinato unilateralmente” da Acea.
Del resto, tutte le considerazioni espresse nella sentenza, sia in linea generale che nel capo in esame, hanno come sfondo una ben precisa convinzione, che, al di là della questione RAB, è quella della pronta fattibilità del subentro di FMA ad Acea, ostacolata, in tesi, dal gestore uscente con l’avallo del Comune: ma la stessa sentenza non fornisce alcun elemento, neanche in via embrionale, che possa deporre per l’esistenza concreta di una siffatta condizione, e ciò neanche a fronte dell’appena citato verbale della riunione del 21 marzo 2019, richiamato nella delibera n. 43/2022, che nell’effettuare la ricognizione delle problematiche del subentro, faceva riferimento, tra altro, a una serie di necessità da assicurare per rendere operativo il passaggio di gestione, tra cui quella di procedere alla lettura di circa 9.000 contatori e alla emissione delle relative fatture, esigenza che alla luce del fascicolo di causa non ha trovato alcun avvio di risoluzione.
Nulla aggiungendo alle questioni come sopra trattate le difese svolte da FMA, che si sono limitate a sostenere la correttezza di tutte le argomentazioni, preliminari e di merito, della sentenza di primo grado, e assorbita ogni altra questione pure introdotta dai motivi di appello sopra esaminati e dai restanti motivi di entrambi gli appelli in trattazione, questi devono essere accolti, disponendosi, per l’effetto, la riforma della sentenza impugnata e la reiezione del ricorso di primo grado.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, riunisce gli appelli N.R.G. 10474 e 10962 del 2021, e li accoglie nei sensi di cui in motivazione, disponendo, per l’effetto, la riforma della sentenza impugnata e la reiezione del ricorso di primo grado.