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sabato 2 Agosto 2025
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Stabilizzazione precari della sanità in Molise, Corte costituzionale dichiara illegittima parte della norma

TERMOLI. La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Molise 4 agosto 2022, n. 13 (Stabilizzazione del personale sanitario precario, in attuazione della legge 30 dicembre 2021, n. 234).

Nella parte in cui prevede che la procedura di stabilizzazione ivi delineata possa avvenire «anche in deroga», anziché «in coerenza» con il piano triennale di fabbisogno del personale; nella parte in cui consente la stabilizzazione di personale anche al personale “contrattualizzato a qualunque titolo”, anziché del personale che sia stato reclutato «con contratti a tempo determinato», diverso da quello sanitario e socio-sanitario, e quindi limitatamente alle parole “tecnico ed amministrativo”.

Inoltre, nella parte in cui prevede che i diciotto mesi di servizio debbano essere maturati alla data del 31 dicembre 2022, anziché nel diverso termine previsto dalla normativa statale vigente.

In proposito, il Presidente del Consiglio dei ministri ricorda che, in una recente pronuncia su una normativa analoga della Regione Siciliana, questa Corte avrebbe affermato che la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile» ricorre con riferimento agli interventi legislativi che dettano misure relative ai rapporti lavorativi già in essere, mentre rientrano nella competenza legislativa residuale regionale i profili pubblicistico-organizzativi dell’impiego pubblico regionale. Con questa pronuncia è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della disciplina regionale allora scrutinata, perché, consentendo la trasformazione di contratti precari di lavoratori in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, aveva inciso sulla regolamentazione del rapporto precario già in atto e, in particolare, sugli aspetti connessi alla durata del rapporto e aveva determinato, al contempo, la costituzione di altro rapporto giuridico, ovvero quello di lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto della stabilizzazione. Sarebbe dunque precluso al legislatore regionale di introdurre forme di stabilizzazione del personale precario non sussumibili in quelle stabilite a livello nazionale dallo Stato.

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri le disposizioni regionali impugnate sarebbero altresì lesive dell’art. 117, terzo comma, Cost., poiché le norme sulla stabilizzazione del personale sanitario rappresenterebbero principi fissati dal legislatore statale nella materia «coordinamento della finanza pubblica».

Viene in proposito richiamata la giurisprudenza costituzionale che avrebbe ricondotto le norme che stabiliscono vincoli e limiti al reclutamento del personale alla competenza statale di fissare principi di contenimento della spesa pubblica, nell’esercizio della competenza concorrente «coordinamento della finanza pubblica» di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost. La normativa impugnata violerebbe anche l’art. 81, terzo comma, Cost., poiché avrebbe dovuto prevedere espressamente i mezzi finanziari per far fronte agli oneri derivanti dalla medesima legge regionale, ovvero indicare specifici elementi idonei a dimostrare una eventuale invarianza della spesa per il bilancio regionale.

Osserva poi che l’art. 117, terzo comma, Cost. sarebbe violato anche in relazione all’art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», poiché le disposizioni impugnate, nel prevedere nuove assunzioni del personale, si porrebbero in contrasto con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica stabiliti con il piano di rientro, di cui all’accordo sottoscritto il 27 marzo 2007 fra il Presidente della Regione Molise e i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, recepito con la delibera della Giunta regionale 30 marzo 2007, n. 362. A fronte della mancata conclusione della procedura di rientro nei termini previsti, la Regione sarebbe ancora impegnata e vincolata all’osservanza delle misure previste dai programmi operativi succedutisi nel tempo, da ultimo adottati con il «quadro economico e programmatico complessivo per il triennio 2022-2024».

Il ricorrente deduce analoga lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. da parte dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022, là dove prevede la possibilità di avviare procedure selettive del personale in deroga alle condizioni stabilite dall’art. 1, comma 268, lettera c), della legge n. 234 del 2021, ossia in deroga ai piani triennali dei fabbisogni, estendendo tali procedure anche al personale tecnico-amministrativo, senza rispettare i requisiti di anzianità di servizio stabiliti dal legislatore statale.

L’Avvocatura generale dello Stato, infine, ritiene che le disposizioni impugnate si pongano in contrasto con i poteri che la Costituzione attribuisce al commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, violando così anche l’art. 120. Rappresenta il ricorrente che, con d.P.C.m. del 5 agosto 2021, sarebbe stato nominato un commissario ad acta, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario della Regione Molise, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del decreto-legge 1°ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, in legge 29 novembre 2007, n. 222. Il richiamato d.P.C.m. attribuirebbe al predetto commissario la competenza di attuare le azioni e gli interventi concernenti la riduzione della spesa per il personale, in coerenza con l’effettivo fabbisogno e in applicazione della vigente normativa in materia.

La difesa erariale sostiene altresì che il divieto di interferenza con le funzioni commissariali si tradurrebbe in un «effetto interdittivo di qualsiasi disposizione incompatibile con gli impegni assunti ai fini del risanamento economico-finanziario del disavanzo sanitario regionale» (è citata la sentenza di questa Corte n. 106 del 2017, che richiama la sentenza n. 51 del 2013), posto che l’illegittimità costituzionale sussisterebbe anche a fronte di una interferenza «meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di attuare il piano di rientro».