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mercoledì 2 Luglio 2025
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“Il Noce” festeggia 30 anni di comunità a Termoli

TERMOLI. La Comunità “Il Noce” ha celebrato i primi 30 anni di attività, con una bella mattina trascorsa in via delle Acacie 4! «Ottima la partecipazione: tante persone solidali, amiche e amici della Comunità, sono venute per parlare di carcere e della sua auspicabile abolizione.

Parlare di carcere fa bene: a chi ci vive dentro e anche a chi crede di non doverci finire mai. Perché parlare di carcere e della sua auspicabile abolizione è un servizio utile alla società nel suo complesso, non solo a chi rischia di scontare le pene in uno degli Istituti italiani. E infatti sono stati tanti gli interventi che si sono susseguiti, per oltre due ore, in aggiunta a quelli stabiliti dei relatori (Italo Di Sabato per l’Osservatorio sulla Repressione e Vincenzo Boncristiano per l’Associazione Antigone).

Abolire il carcere è possibile, trasferendo risorse verso le misure alternative e scardinando la mentalità carcerocentrica così caratteristica dell’Italia odierna. Ma le misure alternative alla detenzione in carcere (che certo sarebbero da potenziare in ogni modo possibile) neppure sono sufficienti, se a queste non si associa anche un lavoro costante e quotidiano per costruire una alternativa di società.

La società neoliberista, infatti, ha svuotato lo stato sociale e portato ai massimi termini lo stato penale. Con il risultato che proprio le carceri si riempiono di soggetti emarginati o a rischio di emarginazione: persone migranti o persone che hanno violato la legge sulla droga, o altri soggetti deboli della collettività. E il carcere non reintegra, anzi: è quasi al 70% il tasso di recidiva per chi ha scontato interamente la sua pena detentiva in un Istituto penitenziario.

Parlare di abolizione del carcere, oggi, può apparire scandaloso: nella società dominata dal profitto e dalla finanza, infatti, non c’è spazio per la misericordia. Non c’è spazio per la cura. Non siamo più capaci di pensarci collegati gli uni agli altri, interdipendenti: e il carcere, a ben pensarci, rappresenta proprio il culmine della separazione e della segregazione.

Non era scontato che, nonostante l’orario mattutino e la giornata calda, tante persone si ritrovassero a parlare di carcere e della sua auspicabile abolizione: qualche spiraglio per immaginare una società diversa oltre quella securitaria e competitiva, evidentemente, resiste ancora. È, in fondo, la storia stessa della Comunità a dimostrarlo: trent’anni trascorsi, ogni giorno, con responsabilità, dalla parte degli ultimi. Trent’anni che però non sono solo uno sguardo sul passato, su quanto è stato fatto, ma soprattutto un proiettarsi nel futuro: su quanto ancora resta da fare per costruire più giustizia sociale, a partire dal territorio locale e dalle persone più in difficoltà».