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martedì 5 Agosto 2025
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«Il testamento morale di Paolo Borsellino»

LARINO. Sono trascorsi 31 anni dalla mattanza di via D’Amelio, strage che alle 16.58 del 19 luglio 1992 uccise il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, a Palermo, 57 giorni dopo la strage di Capaci, dove persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e altri 3 agenti di scorta. In questo giorno ci affidiamo al criminologo Vincenzo Musacchio per ricordare la figura del giudice antimafia, protagonista assieme al suo fraterno amico Falcone dell’istruttoria del maxiprocesso.

«Il testamento morale di Paolo Borsellino: il 26 gennaio 1989 Paolo Borsellino tenne una bellissima lezione sui rapporti tra mafia e politica agli studenti dell’Istituto “Remondini” di Bassano del Grappa. Quelle esternazioni rappresentano il testamento morale del magistrato palermitano. Una indimenticabile lezione che a trentuno anni dalla strage di via D’Amelio, e con gli accadimenti successivi al 1992, resta un vero e proprio monito morale del magistrato ai giovani, ai partiti politici e alle istituzioni antimafia. Borsellino analizza per la prima volta la mentalità mafiosa e i meccanismi che sono alla base della mafiosità. Affronta a viso aperto e senza timore alcuno la rete di collusioni e di contiguità tra il “sistema politico-istituzionale” e le organizzazioni criminali, che non sempre emerge dalle indagini dei magistrati. “L’equivoco su cui spesso si gioca – è un passaggio importantissimo della lezione bassanese di Borsellino – è questo: si dice “quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto”.

“E no! questo ragionamento non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: ‘beh… ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria, che mi consente di dire quest’uomo è mafioso”. “Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi, che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica”. “Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto”. “Ma, dimmi un po’, tu non ne conosci gente che è disonesta ma non è mai stata condannata perché non ci sono le prove per condannarlo, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe quantomeno indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti anche se non costituenti reati.” Nonostante fosse il lontano 1989, quelle parole restano attualissime anche oggi. La sua riflessione è di importanza cruciale poiché ci conferma che l’antimafia non può e non deve limitarsi soltanto a interventi di tipo repressivo. La politica deve fare la sua parte. Compito della magistratura, intese dire, non è infatti la riforma della politica, ma l’esercizio dell’azione penale sulla base di prove. Si tratta di un versante fondamentale, il quale, però, non basta. C’è bisogno, prima di tutto, di partiti e istituzioni credibili, disposti a riformarsi senza che vi sia un intervento salvifico della magistratura.

Questa sua speranza la confermerà quando si dirà fermamente convinto che la lotta alla mafia dovrà essere un movimento culturale e morale che coinvolga tutti, specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità, quindi complicità. Sono convinto che se i nostri figli, che oggi cominciano a crescere e a diventare adulti, non troveranno naturale dare alla mafia il loro consenso e ritenerla assolutamente deleteria, noi potremo battere le mafie e far diventare realtà questa speranza».