TERMOLI. Dal 27 febbraio al 3 luglio, è questo il lasso di tempo, l’intervallo in cui si apre e si dovrebbe chiudere la vertenza Vibac. Uno degli stabilimenti più importanti del nucleo industriale, che all’inizio del braccio di ferro sindacale contava 142 dipendenti (ora ne sono 140), di cui ne furono messi in esubero addirittura 126 dalla proprietà, innescando un duro confronto, esteso poi alle istituzioni, prima comunale e poi col tavolo regionale. In mezzo, anche un confronto “politico” al Mimit.
Lunedì prossimo, dopo il mandato ricevuto nelle assemblee di ieri sera, via libera alla firma di un accordo quadro che riguarderà 116 dipendenti (i restanti 24 allo stato non sono coinvolti) che verranno messi in altri dodici mesi di cassa integrazione straordinaria, sfruttando la leva della cosiddetta transizione occupazionale.
«Abbiamo chiesto di inserire una clausola di salvaguardia nel verbale relativo all’utilizzo dei nominativi dei lavoratori identificati nel verbale di Cassa integrazione straordinaria – aveva precisato alla vigilia Giuseppe Tarantino, della Filctem-Cgil – eventualmente l’azienda dovesse aprire una nuova procedura di licenziamento l’anno prossimo. Ovviamente l’azienda non ha voluto e in assemblea abbiamo spiegato i contenuti dell’accordo, il rifiuto della clausola di salvaguardia e i rischi che si corrono l’anno prossimo a conclusione della Cigs se non vi è ripresa».
Per Massimiliano Recinella, della Femca-Cisl, questo ulteriore anno di ammortizzatori sociali è finalizzato a cercare di agganciare la ripresa di mercato, anche se l’azienda resta pessimista sullo scenario produttivo, ma anche concretizzare i bandi per l’efficientamento energetico.
«Non siamo felici, il futuro è complesso ed articolato e non si riesce a vedere la luce in fondo al tunnel – ha ribadito Recinella – ma siamo soddisfatti dal larghissimo mandato ricevuto in assemblea, che ci permetterà di chiudere l’accordo quadro, mettendo al riparo i prossimi 12 mesi».