TERMOLI. Una lettera struggente, una storia vera, uno spaccato di abuso e dipendenze collegato alla ludopatia, ma anche la possibilità di un riscatto personale, l’uscita dal tunnel, grazie a una struttura pubblica e ora lo spettro che per chi come lui, il protagonista della nostra storia, M. G., non ci sia più questo spiraglio di luce in fondo da poter catturare. Da qui la chiosa finale, come appello, al presidente della Regione Molise, Francesco Roberti, affinché ripristini un servizio come quello contro il Gap, gioco d’azzardo patologico, al SerD di Termoli.
«Gentilissimo direttore, non ho mai raccontato la mia storia a nessuno. Una storia che, loro malgrado, in pochi conoscono: mia moglie, mia madre e mio padre e forse l’hanno potuta intuire i tanti a cui ho chiesto soldi, amici oramai persi, parenti, a volte semplici conoscenti. Ma è una storia in qualche modo a lieto fine, una vicenda che lascia cicatrici profonde, ma comunque di caduta nell’abisso e di lenta, faticosa, insperata risalita. Per la legge e per la scienza sono, anzi sono stato, un ludopatico, uno che si è giocato tutto quello che aveva, che non era tanto, ma che a chiunque sarebbe bastato per ad avere una vita serena, persino agiata. Ho speso forse tre o quattro volte quello che in realtà possedevo, in scommesse sportive, superenalotto, “gratta e vinci” e soprattutto nelle macchinette dei bar tra Termoli, San Salvo e la SS 16, indebitandomi all’inverosimile. Ero annichilito dal gioco, completamente dipendente. Sono arrivato al punto che quando proprio non avevo neanche un euro mi recavo nei soliti posti almeno per vedere gli altri giocare. Un delirio, anzi un incubo da cui non sapevo, anzi non volevo uscire. Mia moglie lavora e questo ha salvato la mia famiglia dalla povertà assoluta, dalla fame, ma non ha potuto impedire il nostro tracollo finanziario. Ho perso la casa, i mobili che conteneva, l’auto, un piccolo orto, il mio stipendio per intero, il poco oro delle mie figlie, regali di battesimi e compleanni. Mi sono letteralmente giocato tutto. Avevo perso tutto. I soldi, la reputazione, gli amici, il rispetto. Mio padre non voleva che neanche mi avvicinassi a casa, mia madre di nascosto mi dava 10, 20 euro per andare almeno a lavorare. Anche mia moglie, disperata ed esausta decise di lasciarmi. La casa fu venduta per coprire le ingiunzioni di alcune finanziarie e lei con le bambine tornò a vivere dai genitori. Rimasi solo. Sapevo benissimo che era solo ed esclusivamente colpa mia, che ero l’unico responsabile di quella situazione, che il mio comportamento non aveva nessuna giustificazione. Ero completamente, disperatamente, tragicamente solo. Cominciai ad avere anche piccoli problemi di salute. Un martedì piovoso ero appena rientrato dal lavoro e su un giornale locale online lessi un trafiletto che parlava di un incontro sul tema della “cura e riabilitazione delle patologie legate alle dipendenza da gioco d’azzardo patologico” o comunque una cosa del genere, organizzato dall’Asrem di Termoli.
Rimasi colpito dal fatto che addirittura da noi, nel Molise c’era qualcuno che si occupava di queste cose. Rimasi sveglio tutta la notte. Mi informai. Qualche giorno dopo mi presentai alla sede del SERD nell’ospedale vecchio di Termoli. C’erano “i tossicodipendenti” che facevano la fila per il metadone e io mi accorsi di quanto ero simile a loro. Persino nel modo oramai trasandato di vestirmi. Una infermiera mi guardò e non riconoscendomi tra i frequentatori abituali mi chiese di cosa avessi bisogno. Io volevo morire dalla vergogna. Biascicai qualcosa lei capì e mi disse di ripassare il mercoledì perché avrei potuto prendere un appuntamento con la psicologa del “GAP”. Io non avevo ben capito se per la gentile infermiera fosse chiaro il mio problema, non sapevo cosa volesse dire Gap e, soprattutto, se ne valesse oramai la pena. Il mercoledì mi presentai. Feci un po’ di anticamera e capii così che non ero né il primo e né l’unico. Fui accolto con un sorriso e quel sorriso mi ha salvato. Sono stato “in cura” alcuni mesi, la psicologa è riuscita a ribaltarmi come un calzino, ha trasformato la mia disperazione ed i miei sensi di colpa nella forza motrice da cui rialzarmi, da cui ripartire. E ci sono riuscito. Ci siamo riusciti. Il rimpianto più forte, quello che mi dico sempre è…l’avessi fatto prima. Se solo qualcuno delle capacità e competenze che ho trovato al SerD di Termoli mi avesse preso in tempo avrei potuto evitare non solo la mia sofferenza, ma soprattutto quella delle persone a cui voglio un infinito bene. Mia moglie, le mie bambine, mio padre e mia madre gli amici più stretti. Io mi sono salvato e so di altri che hanno avuto la stessa mia fortuna. Ho di nuovo una famiglia, vivo con mia moglie e le mie bambine e sono, posso dirlo finalmente, felice. Sto ripagando tutti i debiti, lavoro dalla mattina alla sera e se penso alla mia vecchia vita ho la nausea e il terrore che quella malattia possa ripresentarsi. Ma sono certo che non riaccadrà mai. In uno degli ultimi colloqui con la psicologa fui informato che il servizio sarebbe stato di lì a poco interrotto, ma che c’erano fondate speranze che si sarebbe riattivato perché i fondi c’erano ed erano ministeriali e non regionali quindi certi.
Qualche settimana fa ho visto un servizio su Tgr Molise dove veniva intervistato in incognito una persona che più o meno aveva avuto gli stessi miei trascorsi e in quel momento ho realizzato che quelle prestazioni del SerD non sono state più riattivate. Lo so qualcuno può dire che con tutte le questioni della sanità molisana questo è l’ultimo problema. Ma mi chiedo la mia vita non vale quanto quella di un fumatore che viene curato di cancro ai polmoni? Di uno che beve troppo e si ammala di cirrosi? Di uno che si fa di eroina e cocaina? Voglio dire, quante sono le patologie fisiche e psicologiche causate da stili di vita sbagliati che quotidianamente, e giustamente, vengono curate negli ospedali? Perché chi è malato di gioco d’azzardo non ha la stessa dignità sanitaria di chi si rompe la testa guidando ubriaco? Io ero malato e straordinari professionisti, in una struttura pubblica del Molise, a Termoli, mi hanno salvato la vita. Se è vero che i soldi ci sono cosa si aspetta?
Quante vite dobbiamo ancora sprecare? Quante richieste disperate di aiuto devono ancora rimanere inascoltate? Faccio un appello al presidente Roberti che ripristini nella sua Termoli il servizio di “cura e riabilitazione delle patologie connesse alle dipendenza da gioco d’azzardo patologico”. Una cosa che ha funzionato benissimo, dove trovavi gente qualificata, gentile, capace, che restituiva salute e dignità alle persone. Caro direttore della mia storia ne faccia ciò che ritiene più opportuno, ma una cosa le chiedo, accenda un faro su questo problema, non ha idea di quanto sia esteso soprattutto a Termoli e di quanto aiuto ci sia bisogno».