X
sabato 15 Novembre 2025
Cerca

Caso Moro e giustizia riparativa, la figlia Agnese incontra i ragazzi del Boccardi-Tiberio

TERMOLI. “Se ci fosse la luce sarebbe bellissimo”.

Giovedì scorso, 16 maggio, presso l’istituto Boccardi-Tiberio di Termoli, alla presenza di Agnese Moro (figlia di Aldo Moro ucciso dalle Brigate Rosse) e di Giovanni Ricci (figlio dell’appuntato dell’Arma dei Carabinieri ucciso dalle Brigate Rosse nell’agguato di via Fani), è stato presentato il documento conclusivo del progetto intitolato “Piazza Aldo Moro”, nell’ambito di un modulo didattico ispirato alla “Giustizia riparativa”.

Dopo l’accoglienza della preside, il discorso del presidente del Consiglio Regionale della Regione Molise, Quintino Pallante, i ragazzi delle classi dell’istituto coinvolti nel progetto, hanno presentato il loro percorso didattico dedicato alla conoscenza e all’approfondimento della vita e del pensiero di Aldo Moro, al suo sacrificio e di quello della sua scorta. Le “toccanti” lettere che Aldo Moro scrisse dal luogo di detenzione ai suoi cari, hanno introdotto l’incontro e, soprattutto, hanno delineato la grande umanità di Aldo Moro che, di fronte all’avvicinarsi della sua morte, si rivolge ai suoi cari con bellissime parole. Ad Agnese, in particolare, nella sua lettera di “commiato” parla dei suoi occhi, sorrisi e carezze e tutti gli amorevoli ricordi che ha di lei e conclude con un “ti abbraccio con tanta speranza, papà”. Un messaggio di amore e serenità che, purtroppo la famiglia riceverà solo 12 anni dopo la morte del padre (furono ritrovate nel covo delle Brigate Rosse a Milano nel 1980). Parole che, come sottolinea Agnese Moro nel suo intervento, sarebbero state molto importanti in quei momenti di sgomento. Nel loro intervento, Agnese Moro e Giovanni Ricci hanno parlato della loro esperienza di “giustizia riparativa” da loro intrapreso nel 2010 circa. Un percorso che ha posto fine alla “dittatura del passato”, così definita dalla stessa Agnese Moro, che, pur non cancellando le sofferenze, le ha consentito di tornare a “guardare avanti”.

Nel suo intervento ha parlato delle sue sofferenze che non si sono affievolite dopo le pene pagate dagli aggressori del padre, perché nessuna giustizia potrà restituirle il padre. Ha parlato dei tre tipi di “scorie radioattive” (metafora con cui definisce le sofferenzepene): l’immobilità di una parte di se, quella più intima, bloccata per tanti anni tra il 16 marzo e il 9 maggio, l’immobilità di una politica che avrebbe potuto fare di più ma non l’ha fatto (si sono arresi al male); l’ingombro dei fantasmi del passato, di chi non ha fatto nulla per il padre, dei colpevoli e di lei stessa per non aver riportato il padre a casa; il silenzio il non dire nulla perché hai paura, sperando che tutto questo, tenuto dentro muoia con te.

La giustizia penale, conclude Agnese Moro, non si occupa di questi aspetti, non può fare niente, a dispetto di quella “riparativa”. Particolarmente toccante è stato il racconto dell’incontro con Adriana Faranda, Franco Bonisoli, Valerio Colucci con il quale queste persone, da fantasmi diventano corpi, lì, davanti a lei, il peso si affievolisce. Altrettanto toccante è stato l’intervento di Giovanni Ricci che ha raccontato la stessa “tragedia” dalla sua prospettiva. Quella del giovane dodicenne che si ritrova casualmente a vedere sul giornale la foto del padre a terra sotto un lenzuolo, riconosciuto dall’orologio al polso. Parlando direttamente con i colpevoli di quanto accaduto si rende conto del loro pentimento, attraverso i loro sguardi, le loro lacrime, le loro grida di aiuto.

Ed è ed è proprio questo lo scopo della giustizia riparativa, che ti porta a fare i conti con il tuo passato e ti libera. L’incontro termina con un breve confronto tra i ragazzi e i due ospiti, propensi a dare consigli e, soprattutto, mostrare attenzione verso le piccole (grandi) preoccupazioni che quotidianamente vivono i giovani.

Giorgio Gagliardi