TERMOLI. Trovarsi a oltre 50 anni senza prospettive di lavoro, con ultimo impiego ad Amazon, dove ha rinunciato anche alla cosiddetta “quota protetta”, pur di rimediare uno stipendio. Raccogliamo lo sfogo, che ha veicolato a Termolionline, di un 54enne che risiede sulla costa, A. U. le sue iniziali.
Esodati generazionali, possiamo chiamarli ed è una situazione comune a tanti, anche se poi in giro ci si lamenta di non trovare personale, o quanto meno personale affidabile.
«Caro Direttore, chi le scrive è un cinquantaquattrenne, arrivato ormai agli sgoccioli. Il buon Dio ha concesso a me e a mia moglie la grazia di diventare genitori, compito che cerchiamo di portare avanti con impegno da ben venti anni. Due anni fa non mi è stato rinnovato il contratto di lavoro, lasciandomi a piedi, senza neanche farsi troppi problemi. Da allora è cominciato per me un vero e proprio calvario. Sono sempre stato una persona grintosa e positiva, non mi sono mai lasciato abbattere dalle difficoltà e dalle situazioni. Così mi sono rimboccato le maniche e ho cominciato a bussare a tutte le porte, a fare domande su domande, ho inviato curriculum da tutte le parti senza un minimo di risposta, sono iscritto alle categorie protette e qualche volta ho omesso di godere della legge 68/99 pur di trovare un lavoro. Ma adesso non ce la faccio davvero più.
La speranza s’è trasformata in delusione e rassegnazione. Quante illusioni, quante false speranze che qualcosa cambiasse. So di essere uno bravo lavoratore, onesto e professionale, mi adatto a tutto. A poco a poco ho cominciato a spegnermi, l’allegria e la voglia di stare insieme agli altri hanno lasciato il posto alla tristezza e alla solitudine. Mancando uno stipendio in famiglia, ho dovuto rivedere il mio modo di vivere e di gestire il denaro. Centellino il centesimo, ogni giorno. Non possiamo permetterci svaghi. Tutto va nelle bollette, nelle tasse, nella macchina, nel sostentamento quotidiano. Per noi non esistono vacanze o uscite in compagnia. Non oso immaginare quando arriverà qualche spesa improvvisa.
Quando sono in casa solo, piango. Sono stanco. Il tempo passa e nessuno ti chiama. È umiliante. Mi accontenterei di un lavoro modesto, onestamente pagato. Ho perso anche la voglia di stare in mezzo alla gente, non ho voglia di vedere gli amici di sempre o i parenti per non dover sentirmi fare la solita domanda: ‘Allora, non hai trovato ancora niente?’, come se dipendesse da me. Quante umiliazioni, quante frustrazioni.
Anche in famiglia i rapporti sono più complicati. Mi rendo conto di essere sempre nervoso, di essere taciturno, di avere meno pazienza, di “scattare” per un nonnulla, per fortuna ho mia moglie che mi ama e che amo davvero. Non ho più interesse per nulla. Vado a letto la sera piangendo, mi sveglio la mattina già con un senso profondo di malessere. Anche il rapporto con Dio ne ha risentito. Da quando ho perso il lavoro ho intensificato la preghiera e la devozione ai santi. Non riesco a uscire da questa situazione. Né mi vergogno ad ammettere che ho accarezzato l’idea di qualcosa di brutto, ma avrei causato troppa sofferenza ai miei cari. Non so bene perché le ho scritto, forse perché non ci conosciamo di persona e per me è più facile parlare… Pregate per me e scusate lo sfogo».
L’auspicio che formuliamo è che qualcuno si faccia vivo, per dare una chance al nostro lettore, che opportunamente metteremmo in contatto.