TERMOLI. Il Tar Molise ha respinto con sentenza pubblicata ieri il ricorso promosso contro l’esito del concorsone dei Vigili urbani, quello che con quasi 1.400 candidati (ma molti meno i partecipanti effettivi) permise di assumere nel 2023 dieci agenti della Polizia municipale, procedura partita nel gennaio 2020.
Una concorrente, la ricorrente, aveva chiesto l’annullamento dei verbali sulla prova orale che ebbe luogo nel dicembre 2022 e degli atti conseguenti. Ricorso che approdò all’udienza pubblica lo scorso 18 settembre. Con il ricorso l’interessata si lamentava, in particolare, del fatto che le prove orali sarebbero state inficiate dalla mancata estrazione a sorte delle domande da sottoporre ai candidati, nonché dall’illogicità del giudizio della Commissione esaminatrice, inoltre “sospetto di favoritismi” nei confronti degli idonei e incongruo rispetto alle competenze ed esperienze da lei possedute. Con il Decreto presidenziale n. 20 del 16 marzo 2023 era stata accolta “l’istanza di parte ricorrente di autorizzazione alla notificazione del ricorso ai controinteressati per pubblici proclami, in quanto “motivata con l’elevato numero dei soggetti collocati utilmente nella graduatoria oggetto di impugnazione”. In merito il Tar aveva già respinto l’istanza cautelare di sospensiva, nella primavera 2023.
L’Amministrazione comunale, nel costituirsi in giudizio, si è opposta alle ragioni della ricorrente mettendo in evidenza che all’esito della procedura concorsuale i vincitori della selezione sono stati tutti già assunti e sono entrati in servizio a far data dal 15.02.2023; nel bilanciamento degli opposti interessi proprio della presente fase cautelare, debba reputarsi prevalente l’interesse funzionale del Comune – convergente con quello dei dieci vincitori della selezione già assunti – al regolare espletamento delle attività di Polizia municipale. Per i giudici, «la Commissione, in sede di prova orale, ha attribuito le domande a ciascun candidato invitandolo preventivamente a scegliere un numero di busta da 1 a 65: ad ogni numero scelto corrispondeva, infatti, l’indicazione di una specifica batteria di 3 quesiti, contenuti in apposita busta chiusa, siglata e, appunto, numerata (progressivamente, inoltre, i numeri via via scelti dai candidati venivano sottratti alle possibilità di scelta individuale dei candidati ancora da venire). Ora, va subito rilevato che le modalità così in concreto seguite rappresentano un procedimento di attribuzione delle domande sufficientemente aleatorio da soddisfare –quantomeno per equivalente- la formula normativa dell’estrazione a sorte.
Le domande erano in busta chiusa: e pertanto la scelta casuale della singola busta comportava un’individuazione delle domande determinata dalla sorte, proprio come richiesto dalla legge. Infatti, poiché i candidati erano all’oscuro degli specifici quesiti collocati all’interno di ciascuna busta, la semplice scelta – loro rimessa – di un numero da 1 a 65 non poteva dirsi certo integrativa di una selezione volontaria e consapevole, da parte loro, delle domande.
L’affidabilità della Commissione non può essere messa aprioristicamente in dubbio attraverso la mera prospettazione di solo del tutto potenziali fattori inquinanti: e questo soprattutto al cospetto di elementi concreti che denotano, invece, l’insussistenza dei rischi paventati dal ricorso. In questo senso depongono, per un verso, la circostanza che tutte le domande sono state prestabilite il primo dei quattro giorni di svolgimento delle prove orali (e, quindi, senza alcuno spazio per fornire poi indicazioni utili ai candidati, come è massimamente evidente per quelli che hanno sostenuto il colloquio lo stesso primo giorno); per altro verso, il fatto che nessuna busta poteva essere con sicurezza indirizzata verso uno specifico candidato, poiché essa sarebbe stata sempre esposta all’alea della possibile scelta da parte di candidati precedenti, dalla quale sarebbe conseguita l’eliminazione dei quesiti dal novero di quelli ulteriormente proponibili.
Anche la previsione dell’eliminazione appena detta ha formato oggetto di critica della ricorrente, ma l’operato della Commissione risulta con evidenza esente da vizi anche per questo aspetto. E’ difatti ben comprensibile la ratio dell’accorgimento della eliminazione delle domande ormai già proposte agli esaminati: ratio volta ad escludere indebiti vantaggi per i candidati successivi, che altrimenti sarebbero potuti essere destinatari di domande e risposte già da loro conosciute, in quanto rese pubbliche in occasione dei colloqui anteriori».
A curare le posizioni degli agenti vincitori di concorsi in sede legale amministrativa è stato l’avvocato Pasquale Di Tillo.