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venerdì 11 Luglio 2025
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Da Campomarino all’orrore di Dachau: la storia di Alexander Jefferson

La storia di Alexander Jefferson

CAMPOMARINO. Da Campomarino all’orrore di Dachau. «Potevo sentire l’odore dei corpi bruciati a chilometri di distanza, poiché i forni erano ancora caldi». La storia di Alexander Jefferson, pilota di Ramitelli finito nei campi di concentramento nazisti e la scoperta del campo di Auschwitz.

Il 27 gennaio 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz sancendo la fine dell’Olocausto. A scoprire e fotografare per la prima volta il campo di Auschwitz era stato il pilota Charles Barry, insieme al pilota navigatore Ian McIntyre, del 60° Squadrone di ricognizione fotografica della South African Air Force, impiegato nel campo di aviazione di Torre dei Giunchi a San Severo. Le immagini catturate nella primavera del 1944 rivelarono per la prima volta al Mondo l’orrore del più noto campo di sterminio nazista. Gli aeroporti del complesso aeroportuale di Foggia svolsero un ruolo determinante per lo sviluppo delle operazioni belliche e i campi di aviazione di Campomarino furono parte integrante di un percorso che consentì agli alleati di avere la meglio sulla temibile Luftwaffe tedesca.

Fu nel piccolo aeroporto di Ramitelli che nell’estate del 1944 arrivò anche Alexander Jefferson, aggregato al leggendario 332° gruppo caccia composto esclusivamente da piloti afroamericani. Da Ramitelli, Jefferson si alzò in volo per 18 volte per scortare i bombardieri fino in Germania, Cecoslovacchia e in altre zone occupate dai nazisti. Il 12 agosto del 1945, Jefferson partì con il suo P-51 dalla coda rossa per la sua prima missione di mitragliamento con obiettivo un’installazione radar a Toulon, nel sud della Francia.  Fu abbattuto e precipitò in territorio francese.

I suoi genitori a Detroit ricevettero un telegramma nel quale veniva comunicata la morte in combattimento. Ma Jefferson era riuscito a uscire dall’aereo e a paracadutarsi a terra, nel bel mezzo di un gruppo di soldati tedeschi.

Passò i nove mesi successivi in un campo di concentramento nazista nei pressi di Dachau.

Quando l’esercito russo entrò in Polonia, Jefferson e gli altri prigionieri furono condotti dai tedeschi a Monaco, dove furono liberati dalla Terza Armata statunitense del generale George Patton. Dopo la liberazione del campo di concentramento di Dachau, Alexander Jefferson fu testimone diretto delle atrocità commesse dai nazisti: “Potevo sentire l’odore di corpi bruciati a chilometri di distanza, poiché i forni erano ancora caldi”. Una testimonianza diretta, quella di Jefferson, che lascia emergere la crudeltà e la lucida follia dei campi di sterminio: “Qualunque cosa abbiate visto, qualunque cosa abbiate pensato su Dachau, raddoppiatela. Era orribile, ho visto i forni in funzione con i corpi ancora dentro, colonne infinite di corpi nudi senza vita. Tavoli lunghi 15 metri coperti di capelli, perché prima di entrare nelle camere a gas le persone spesso venivano rasate.

Tavoli interi pieni di denti e dentiere, stanze intere piene di scarpe fino al soffitto, una stanza piena di occhiali. Ho visto tutta la follia dell’essere umano”. Alexander Jefferson si è spento il 24 giugno 2022, all’età di 100 anni.

Marco Altobello