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giovedì 22 Maggio 2025
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C’era una volta Termoli: l’epopea del Gatto Verde

TERMOLI. Chi scrive è un termolese doc, nato a “Jervelelle” e ormai giunto a un traguardo di vita avanzata. Ogni volta che esco con la famiglia o gli amici per una passeggiata lungo Corso Nazionale, mentre faccio lo struscio guardando da un lato e dall’altro della strada, mi rendo conto di due cose: quanto sia cambiata Termoli e come sia passata da essere un grande paese a una cittadina moderna.

Chi ha la mia età fa un viaggio veloce nella memoria, ricordando le attività commerciali di quando era poco più che un adolescente e confrontandole con quelle di oggi, in piena era digitale. Termoli, negli ultimi 40-50 anni, ha subito una trasformazione epocale: un tempo il cuore della città era il borgo antico, e chi abitava nei quartieri storici, quando doveva recarsi nella zona nuova, rispondeva alla tipica domanda “Ueh! Andò vi’?” con un classico “Eh! Vaje n’eccone fori port’”, ovvero “Vado un po’ fuori le porte”, intendendo le antiche porte del borgo.

Parlavamo delle attività, molte delle quali sono scomparse, trasformando il volto di Corso Nazionale, che resta comunque il cuore pulsante della città, il punto di incontro per eccellenza, ieri come oggi. Ed è proprio tornando indietro nel tempo che mi rivedo giovane, appena uscito dall’adolescenza, negli anni ‘70 e ‘80, la generazione dei capelloni, dei pantaloni a zampa di elefante, dei ragazzi che avevano poche disponibilità economiche ma tanta voglia di divertirsi.

Nei giorni di festa, quando qualche spicciolo girava, la frase tipica era: “Guagliò, a che ora ce vedime pu’ corse?” e la risposta quasi sempre: “Vedimece alle sei (18:00) annanz ‘u Gatto Verde!”. Alle 18, chi prima e chi dopo, ci ritrovavamo tutti davanti al famoso bar situato proprio al centro di Corso Nazionale. I proprietari, Antonio e Gianni Di Vito, erano due personaggi incredibili, di una simpatia unica, e se non fossero esistiti, avrebbero dovuto inventarli. Certo, noi ragazzi li facevamo anche arrabbiare: occupavamo tutti i tavolini e prendevamo le sedie da altri tavoli, ma quando arrivava il momento di ordinare, le nostre finanze scarse si facevano sentire. “Antonio, per favore, ci porti una bottiglia di acqua minerale frizzante e otto bicchieri?” e lui, sbuffando, rispondeva: “Se dovessi campare con voi, sarei già morto di fame!”. Eppure, ci sopportava lo stesso.

Il Gatto Verde, nel tardo pomeriggio, sfornava una pizza al pomodoro al taglio che era una delizia. Noi, clienti dell’acqua minerale, spesso ci concedevamo il lusso di una fetta di pizza accompagnata da un Peroncino, rigorosamente diviso tra amici, per risparmiare. Di Antonio e Gianni si potrebbe scrivere un libro per quanto erano originali e simpatici.

Un aneddoto è rimasto scolpito nella memoria: estate di fine anni ‘70, inizio ‘80, a Termoli c’era un pullulare di eventi. Il 3 luglio 1977, lo Juventus Club organizzò la corsa podistica “Marcia Corta”. Era una giornata torrida, il vento caldo di Garbino alzava la temperatura oltre i 40°C. Nonostante le condizioni proibitive, la corsa si fece. I podisti attraversavano il borgo vecchio, Corso Fratelli Brigida, Corso Umberto I e tornavano su Corso Nazionale. Dopo due giri estenuanti, uno dei partecipanti, stremato, cadde a peso morto proprio davanti al Gatto Verde. Subito la folla si precipitò ad aiutarlo e qualcuno, rivolgendosi ai fratelli Di Vito, gridò: “Gianni, porta un po’ di ghiaccio, dai, presto!”. Gianni, con la sua proverbiale flemma, uscì dal bar e rispose con disinvoltura: “Ma quale ghiaccio volete da me? Se vi serve il ghiaccio, andate all’Acciaieria!”, riferendosi alla ghiacciaia del porto. Un attimo di silenzio, poi una voce dalla folla, cogliendo la battuta al volo, esclamò: “Sì, mo jame a na Fiat a pije ‘u ghiacce!”. E, nonostante la tensione del momento, scoppiò una risata generale. Per fortuna, l’atleta si riprese, e quell’episodio rimase nella storia di Termoli.

Questo era il Gatto Verde: un simbolo, un punto di riferimento per i giovani di quegli anni. La sua pizza al taglio e la simpatia dei fratelli Di Vito erano parte dell’identità di una Termoli più familiare, più a misura di termolese.

Ma questa è solo una delle tante storie di una Termoli che non c’è più. Puntata dopo puntata, ricorderemo altre situazioni, altre attività, altre generazioni che hanno fatto la storia della nostra città.

Michele Trombetta