A cura di Marialaura Ghidini: una mostra con opere di Renee Carmichael/MOC, Mara Oscar Cassiani/ Tara Kelton/ REINCANTAMENTO
Nel paesaggio digitale odierno, ipercommercializzato e governato da logiche algoritmiche, le aziende hanno adottato un linguaggio sempre più persuasivo ed emotivamente coinvolgente per promuovere le proprie piattaforme e applicazioni mobili. Le start-up digitali non si limitano più ad anticipare i bisogni degli utenti monitorandone e prevedendone i comportamenti; progettano un vocabolario mirato a sfumare i confini tra interfaccia, utente e l’incessante mercificazione delle interazioni quotidiane.

Per gettare le basi di una nuova coscienza collettiva, queste aziende progettano narrazioni esperienziali che ruotano intorno all’idea di cura e pongono l’utente al centro—un approccio così fluido e intuitivo da far percepire questi servizi come parti indispensabili della vita quotidiana.
Ti senti sopraffatto da uno scrolling senza fine o dal continuo passare da una notifica all’altra? In risposta a questa frenesia digitale, alcune app si presentano come una madre premurosa ma anche pragmatica, guidandoti attraverso sessioni di concentrazione programmate e monitorando i tuoi progressi per aiutarti a ritrovare un senso di controllo. “Mancano quattro minuti,” potrebbe dirti un’app con tono rassicurante. “Fai un respiro profondo—sei libero.” In una recente campagna pubblicitaria, un utente ha definito questa forma di cura con queste parole: “L’app mi disciplina quando non ho la forza di farlo.” Riformulando l’ottimizzazione come una guida che offre supporto, questi servizi permettono agli utenti di gestire i propri impulsi e affrontare i difetti che percepiscono in sé stessi—impulsi che sono plasmati dal caos digitale che il mercato stesso crea e poi promette di controllare.
Questo senso di premura permea molte aree della vita quotidiana. “Hai bisogno di una pausa infrasettimanale dalla cucina per la tua famiglia?” Le app di consegna anticipano i tuoi desideri, permettendoti di ordinare i piatti preferiti da tutti e seguire il rider in tempo reale. In un gesto di apparente trasparenza, l’utente può monitorare l’ordine, osservando ogni movimento del corriere, dal ritiro alla consegna. Eppure, lo scopo ultimo di questi servizi è soddisfare l’obiettivo di efficienza della piattaforma, condizionando le azioni del corriere per ridurre al minimo l’imprevedibilità. Qui, il corriere on-demand viene trasformato da individuo a semplice componente controllato e spersonalizzato all’interno del meccanismo di ottimizzazione del cloud.
Per chi è carico d’impegni, gli assistenti vocali offrono un ulteriore livello di supporto, integrandosi senza sforzo nella routine quotidiana. “Ricordami di chiamare l’idraulico questo pomeriggio,” potresti dire mentre esci di casa di corsa. In pochi secondi, l’assistente imposta il promemoria, controlla il traffico per il tuo prossimo appuntamento e regola il termostato intelligente—tutto perfettamente calibrato sulle tue preferenze. In modalità “assente,” si comporta come un guardiano vigile, monitorando i dintorni e inviando notifiche in caso di eventi insoliti—potrebbe persino riprodurre il suono di un cane che abbaia se rileva movimenti all’esterno. Questa estensione della sorveglianza all’ambiente esterno sfuma i confini tra la sfera privata e quella pubblica, ridefinendo il concetto stesso di sicurezza. Nell’ecosistema digitale odierno, il concetto di cura è diventato inseparabile dal controllo—su sé stessi, sugli altri e sul nostro ambiente.
L’intreccio tra cura e ottimizzazione apre la strada a un linguaggio della persuasione sempre più sofisticato, in grado di toccare il cuore dell’utente e sfruttarne le emozioni più profonde. Per chi cerca compagnia, i chatbot basati sull’IA generativa offrono molto più di una semplice conversazione. Progettati come partner empatici e nati da simulazioni di dialogo umano in contesti di consulenza terapeutica, questi chatbot apprendono le tue preferenze, condividono esperienze virtuali e diventano un amico su cui poter sempre contare—si adattano alle emozioni e ai bisogni degli utenti, offrendo una compagnia continua e priva di esigenze. In un paradosso evidente, tali servizi promettono di alleviare la disconnessione che spesso viene amplificata dallo stesso ecosistema di cui fanno parte.
Attraverso questi strumenti interconnessi, la ricerca di un’esperienza utente ideale finisce per oscurare le ambiguità, le complessità, le sfumature e l’imprevedibilità della vita umana. In questo panorama, dove standardizzazione, norme guidate dai dati e individualismo si nascondono dietro il linguaggio dell’empatia, sorge spontanea una domanda: cosa guadagniamo e cosa perdiamo? In che modo questa promessa di connessione e convenienza ridefinisce la nostra comprensione dell’esperienza umana? L’attrattiva dell’ottimizzazione e del controllo è innegabile—ma forse il vero valore della nostra umanità non risiede nella perfezione, bensì nei momenti imprevisti, strani, illogici e imperfetti che normalmente rifuggiamo.
Marialaura Ghidini è curatrice, docente e ricercatrice, con un interesse particolare per il modo in cui le tecnologie digitali influenzano i comportamenti umani e le relazioni con l’ambiente circostante. Dal suo dottorato di ricerca (CRUMB, University of Sunderland), ha esplorato l’impatto della curatela online sulla produzione culturale e sul coinvolgimento del pubblico. Tra i progetti online da lei curati ci sono or-bits.com (2009–2015), #exstrange (2017), curating.online (vincitore dell’Italian Council 9, 2021), e UnProductive Solutions (2023). Marialaura ha insegnato in università e istituzioni internazionali e ha condiviso il suo lavoro attraverso presentazioni, workshop e webinar, collaborando con realtà come The Foundation for Indian Contemporary Art a Delhi (IN) e l’Exhibition Research Lab della Liverpool John Moores University (UK). I suoi contributi sono apparsi su riviste e piattaforme accademiche come il Journal of Curatorial Studies e DATA browser 10: Curating Superintelligences.


