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mercoledì 21 Maggio 2025
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Termoli d’epoca: memorie di una città che cambia

Uno scatto dagli anni ’60-’70 riporta alla luce il volto di una Termoli dal ritmo lento e autentico. Tra la stazione ferroviaria e piazza Garibaldi, il tempo scorreva al suono dei treni e delle conversazioni. Un viaggio nella memoria attraverso le immagini dell’album di Giuseppe Balenzano.

TERMOLI. “Non saranno le Creuze de ma’ rese virali sui social dalla cover di Sanremo, ma anche a Termoli ci sono sentieri urbani che portano in spiaggia”. Ieri, abbiamo pubblicato una fotografia di Giuseppe Balenzano che ci riporta a una Termoli di un tempo, un luogo che oggi appare distante, ma che continua a vivere nei ricordi di chi l’ha vissuta. Nel suo album fotografico troviamo molto più di una semplice istantanea. È un frammento di storia, un’istantanea di un’epoca in cui la città aveva un ritmo diverso, più lento, più autentico, scandito dal via vai della stazione e dal vociare nella grande piazza Garibaldi.

Sulla sinistra, discreta ma imprescindibile, la stazione ferroviaria, inaugurata il 10 novembre 1863. Da più di un secolo, questo edificio ha visto generazioni intere attraversare i suoi binari. Qui si partiva con la valigia di cartone e il cuore gonfio di speranza, qui si tornava con la nostalgia degli affetti lasciati indietro. Il fischio del treno segnava il ritmo della città, mentre il tempo scorreva tra gli sguardi carichi di attesa e le mani che si stringevano nei saluti. Quanti addii sussurrati, quanti ritorni attesi con impazienza su questa banchina, mentre il fischio del treno segnava il ritmo di una città che non ha mai smesso di muoversi.

Al centro della fotografia, il grande slargo della piazza è un brulicare di vita. Le Fiat 500, le corriere d’epoca, i passanti che attraversano senza fretta: tutto racconta un tempo in cui lo spazio pubblico era vissuto con una leggerezza che oggi sembra appartenere solo ai ricordi. Qui si incontravano lavoratori, studenti, turisti di passaggio. Qui i bambini si tenevano per mano sotto lo sguardo attento delle madri, mentre gli uomini si fermavano a chiacchierare accanto alle vecchie corriere in attesa della partenza.

Le palme svettano al centro della scena, testimoni immobili di un’epoca che si è trasformata senza mai scomparire del tutto. Gli edifici, con le loro facciate in ocra e mattone, si affacciano sulla piazza con la stessa solennità di allora, custodi silenziosi di un passato che ancora riecheggia nei dettagli.

Oggi questo luogo è cambiato. Il volto della piazza si è trasformato, il tempo ha ridisegnato gli spazi, adattandoli alle nuove esigenze. Ma il cuore pulsante di Termoli è sempre qui, tra i binari della stazione e le strade che si allungano verso il mare. E chi si ferma ad ascoltare, chi si concede il lusso di chiudere gli occhi per un istante, può ancora sentire il rombo delle vecchie auto, il brusio delle conversazioni, l’eco di un tempo che non è mai davvero passato.

Perché Termoli è così: muta, si trasforma, ma non dimentica mai le sue radici. E queste immagini, custodite con cura nell’album del signor Balenzano, non sono solo ricordi privati, ma pezzi di una memoria collettiva che continua a vivere ogni volta che qualcuno si ferma ad osservarle.

Alberta Zulli