TERMOLI. Infiltrazioni criminali in Molise: tra immobili, aziende e appalti.
«Alla luce delle recenti indagini della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) e di quanto sta emergendo sul territorio, cresce la preoccupazione per una situazione che, pur essendo sotto gli occhi di tutti, viene spesso trattata con superficialità da una parte della politica. La lotta alla mafia deve essere una battaglia di tutti, senza colori politici. Non può esserci divisione su un tema così cruciale».
A intervenire è l’esponente di Costruire Democrazia, Andrea Montesanto.
«È necessario che tutte le persone, indipendentemente dalle appartenenze, si uniscano per difendere la legalità e il futuro della nostra terra.
È fondamentale contribuire ad accendere i riflettori e supportare le istituzioni, le forze dell’ordine, le associazioni e i gruppi locali che combattono la mafia e la criminalità. L’ultima relazione della Dia (Direzione Investigativa Antimafia), abbinata all’ultima indagine della Dda (Direzione Distrettuale Antimafia), oltre ad innescare una bomba a tutti i livelli, evidenzia chiaramente il rischio di penetrazioni criminali nel tessuto economico molisano, classificato con rischio medio-alto di infiltrazioni mafiose. Come riportato dall’ultima relazione della Dia: «Sebbene il Molise non sia storicamente caratterizzato dalla presenza di organizzazioni criminali autoctone di tipo mafioso, la sua posizione geografica lo rende vulnerabile alle influenze delle mafie operanti nelle regioni limitrofe». Le zone più sensibili si concentrano lungo la fascia adriatica del Basso Molise (Termoli, Campomarino, Guglionesi, San Martino in Pensilis, Portocannone) e nelle aree del Sannio/Matese, dove sono state segnalate presenze di referenti di gruppi criminali extraregionali. Tra i settori più esposti, oltre allo smaltimento e al traffico illecito di rifiuti, c’è il settore edilizio, che rappresenta una delle principali strategie della criminalità organizzata per riciclare denaro. Questo fenomeno si manifesta attraverso l’acquisizione di proprietà immobiliari, la partecipazione a progetti edilizi, appalti pubblici, la creazione di società di comodo, l’uso di prestanome e l’acquisizione di aziende.
Queste dinamiche alterano non solo il mercato immobiliare, ma compromettono anche lo sviluppo economico e urbanistico delle comunità locali, favorendo speculazioni e distorsioni nel settore. Le rivelazioni di Carmine Schiavone, ex boss del clan dei Casalesi, hanno fornito uno spaccato inquietante della situazione in Molise in questi settori, che probabilmente sono passati in secondo piano rispetto al problema dei rifiuti. Già diversi anni fa, Schiavone aveva dichiarato che la regione era sotto l’influenza dei Casalesi, con investimenti apparentemente leciti ma finanziati con capitali di provenienza illecita. Il clan operava nel settore edile, nelle infrastrutture stradali e negli appalti pubblici, spesso attraverso subappalti che permettevano di mascherare la loro presenza.
Riporto alcune dichiarazioni di Schiavone per rendere meglio l’idea:
«Anche il Molise faceva riferimento a Casal di Principe… Avevamo i capi zona che facevano investimenti. Alcuni investimenti che sembravano puliti erano fatti con soldi sporchi… Operavamo a livello edile… Anche quando è avvenuto il terremoto di San Giuliano, erano nostri… anche se non figuravamo direttamente, magari attraverso subappalti. Il Molise non era una zona ricchissima per investire come altrove, ma era particolarmente buona per l’edilizia, i lavori pubblici, le strade interne, provinciali e regionali… Noi non avevamo rapporti diretti sul territorio, ma avevamo rapporti con tre o quattro personaggi del posto…»