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giovedì 24 Aprile 2025
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Cabine telefoniche di una volta nei bar e in poche case

BASSO MOLISE. In un’epoca dominata dalla tecnologia, dai dispositivi sempre connessi e dalla comunicazione istantanea, è facile dimenticare un tempo in cui le cabine telefoniche rappresentavano un punto di riferimento fondamentale nella vita quotidiana. Un tempo, queste strutture iconiche erano onnipresenti, dislocate nelle strade e nelle piazze di ogni angolo del mondo. Esse costituivano un ponte vitale tra le persone, un luogo dove le voci si fondevano e le distanze, anche le più vaste, venivano abbattute.

Le cabine telefoniche non erano semplici dispositivi per fare una chiamata, ma veri e propri spazi di socialità. Ogni cabina rappresentava una piccola oasi di comunicazione, un rifugio dalla frenesia quotidiana. Si trattava di luoghi di incontro casuali, di scambi brevi ma intensi, di confidenze sussurrate al telefono. Quante storie d’amore sono nate tra le pareti di una cabina telefonica? Quante chiamate decisive hanno cambiato il corso di una vita? Non era raro vedere, dietro il vetro di una cabina, qualcuno che si preparava a comunicare una notizia importante, che fosse un “ti amo” o un “ci vediamo fra poco”, una notizia che avrebbe segnato il destino di qualcuno. Quelle pareti sono state testimoni di emozioni autentiche: lacrime di gioia e di tristezza, risate contagiose e silenzi carichi di attesa. Un semplice gesto come sollevare la cornetta significava avvicinarsi al mondo, alla persona amata, alla famiglia lontana, all’amico che si pensava di non rivedere mai più.

Le cabine telefoniche erano il simbolo di un’era in cui la comunicazione era un’esperienza più tangibile e personale. Un’epoca che, purtroppo, sembra appartenere a un altro secolo. Prima dell’avvento dei telefoni cellulari e della connessione globale in ogni momento, esse rappresentavano l’unico modo per rimanere in contatto con il mondo esterno quando si era lontani da casa. In molti, soprattutto nelle aree più remote, non avevano il telefono a casa. A Guglionesi, per esempio, era una rarità che le famiglie avessero un telefono. Le cabine telefoniche si trovavano principalmente in qualche bar o, al massimo, in poche abitazioni private. E lì, chi voleva effettuare una chiamata, doveva chiedere permesso. I proprietari ti facevano salire, e per poter parlare con qualcuno, bastava un gettone: una chiamata, un gettone. La ritualità del camminare fino alla cabina, inserire la moneta, alzare la cornetta e sentire il suono della linea che si apriva, tutto questo faceva parte di una routine che, oggi, appare quasi romantica nella sua semplicità. Non c’era la fretta che oggi caratterizza le comunicazioni moderne; ogni telefonata sembrava possedere una propria intensità, come se il solo fatto di riuscire a parlare con qualcuno fosse un piccolo miracolo.

Poi, all’inizio degli anni ’90, arrivarono le schede telefoniche, un’altra novità che cambiò il modo di usare le cabine. Queste schede, facilmente acquistabili e caricate con un certo valore, sostituirono i gettoni. Diventò possibile fare lunghe conversazioni senza dover continuare a cercare monete. La semplicità e l’accessibilità delle schede telefoniche resero ancora più facile comunicare, anche se per un certo periodo restò sempre un rituale particolare quello di entrare in una cabina, estrarre la scheda e sentirsi connessi con il mondo. La scheda, con il suo fascino vintage, rappresentò una fase di transizione prima che il telefono cellulare diventasse l’unico strumento di comunicazione per molti.

Oggi, le cabine telefoniche sono diventate una rarità. Molte di esse sono state rimosse per far posto a nuove infrastrutture, a tecnologie più moderne che ci permettono di essere sempre connessi. Ma c’è qualcosa di prezioso e nostalgico in queste strutture che non può essere dimenticato. Alcune cabine sono state salvate dall’oblio, lasciate come testimonianza di un’epoca passata, un piccolo baluardo di memoria che ancora riesce a evocare il senso di comunità e di connessione di un tempo. Purtroppo, la maggior parte è stata abbattuta, ma quelle che restano sono piccole reliquie di una storia che continua a parlarci.

La prossima volta che vi imbatterete in una cabina telefonica, fermatevi un attimo e lasciate che la mente vi porti indietro nel tempo. Provate a immaginare le storie che quelle pareti potrebbero raccontare: le persone che hanno condiviso un sorriso timido, le conversazioni che hanno fatto sperare in un futuro migliore, le parole che hanno fatto versare lacrime o portato sollievo. Pensate a tutti coloro che, in un periodo non troppo lontano, sono entrati in quella piccola cabina per sentirsi più vicini a qualcuno, per sentirsi meno soli. In un mondo che cambia così rapidamente, quelle cabine ci ricordano che la comunicazione non è sempre questione di velocità, ma anche di emozione, di presenza e di cura.

In alcune città, le cabine telefoniche non sono solo sopravvissute, ma sono state trasformate in piccoli musei a cielo aperto. Un omaggio alla loro storia, un invito a chi passa di lì a fermarsi e riflettere sul loro ruolo cruciale in un passato non troppo distante. In queste oasi di memoria, i visitatori possono ammirare modelli antichi, alcuni dei quali sembrano appartenere a un’altra era, e riscoprire il fascino di quegli oggetti che, pur essendo tecnologicamente obsoleti, hanno lasciato un segno profondo nella cultura popolare e nelle vite di milioni di persone.

Una testimonianza silenziosa di come, una volta, le parole erano più lente, ma forse anche più piene di significato.

Alberta Zulli