X
lunedì 21 Aprile 2025
Cerca

Dazi e futuro: l’incognita sullo stabilimento Stellantis

TERMOLI. Crolli in borsa, rincari nei listini, studi sul calo del Pil e dell’export. Lo spauracchio dazi che imporrebbe il presidente degli Usa Donald Trump rischia di scatenare la tempesta perfetta sul mondo dell’automotive, già alle prese con problemi strutturali, industriali e occupazionali di non poco conto. Come analizzato anche ieri.

A commentare questo scenario che si va complicando ulteriormente è stato il segretario della Fim-Cisl, Marco Laviano. «Come distruggere l’industria auto e prepararsi ad una vera e propria guerra, la notizia che le importazioni di auto nel mercato Usa avranno il 25% di dazi in più da un vero e proprio ceffone alla nostra politica Europea, la dichiarazione non è solo un messaggio di avviso, ma è una vera e propria presa di posizione da parte del presidente statunitense. Le borse impazzite lo dimostrano, questo non fa affatto bene alla già delicata situazione che in Italia viviamo. Siamo un paese che grazie a Stellantis, insieme alla Germania esporta buona parte di produzioni tra componentistica e prodotti finiti.

Questo potrebbe costare molto in termini di richiesta di mercato negli Stati Uniti d’America, scelta folle che sa di dichiarazione di guerra all’Europa intera, serve riaprire un negoziato ora e studiare la giusta strategia, concediamo import di servizi dal mercato Usa forse è il caso di restituire indietro il maltolto. Quando dicevamo di essere schiacciati dalle politiche occidentali ed orientali facevamo riferimento proprio a questo. Senza una giusta strategia industriale non abbiamo gli strumenti per garantire sicurezza ai nostri prodotti, come sta accadendo allo stabilimento di Termoli, dove ancora attendiamo di sapere che ne sarà della Gigafactory e dove ribadiamo la richiesta di allocazione dei nuovi prodotti, per garantire un assetto occupazionale di lungo periodo, che il solo ‘nuovo’ cambio elettrificato non può blindare.

Un mercato già deficitario per scelte legate alla transizione green che oggi non sposano le richieste dei mercati, ma se perdiamo anche il mercato dell’export tocchiamo il punto più basso.

Oggi le industrie restano produttive se hanno mercato e se sono sostenibili, gli Stati Uniti d’America vanno avanti con questa politica ed in maniera coercitiva sperano che i costruttori di auto spostino le produzioni nel bel paese. A quale costo? Scelte folli che però misurano ancora una volta una debolezza disarmante della nostra politica, incapaci di proteggere il nostro patrimonio. L’Europa protegga i propri confini garantendo sostenibilità alle proprie produzioni, riveda i costi di trasformazione delle energie in tutti i paesi e favorisca gli investimenti».