TERMOLI. Unione europea in retromarcia, quasi, nel giro di 48 ore: dagli annunci e propositi di lunedì a un piano ‘moscio’ sull’automotive.
Duro il leader della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano: «Il piano per il settore auto presentato dalla Commissione Europea è del tutto insufficiente e inadeguato rispetto alle esigenze di un comparto strategico che sta affrontando una transizione complessa e rischiosa. Le misure previste non rispondono alle richieste che la Fim-Cisl e quelle del movimento sindacale europeo che abbiamo portato avanti nella manifestazione del 5 febbraio 2025 a Bruxelles. Nel piano mancano risorse concrete per sostenere le aziende della componentistica e l’intero settore automobilistico nel processo di transizione, tutelando l’occupazione impedendo così chiusure di stabilimenti e licenziamenti. Ancora più grave è l’assenza di fondi per i lavoratori, sia in termini di formazione professionale per il rafforzamento delle competenze, sia per il sostegno economico attraverso adeguati ammortizzatori sociali.
Gli unici elementi di novità riguardano la rimodulazione delle multe sulle emissioni di CO₂ previste per il 2025, che avrebbero potuto generare sanzioni per circa 15 miliardi di euro con pesanti ripercussioni su produzione e occupazione. Tuttavia, questo intervento non è sufficiente a garantire la tenuta e il rilancio del settore.
Ribadiamo con forza la necessità di misure straordinarie e rapide, proporzionate alla gravità della crisi che sta attraversando l’industria dell’auto. Serve un nuovo Fondo Europeo con risorse importanti e in tempi paragonabili a quelle del Next Generation EU. Non possiamo accettare che la Commissione Europea tenti di affrontare questa crisi con interventi minimi e inadeguati. Con il rischio concreto di essere schiacciati dalla competizione della Cina e dai dazi imposti dagli Stati Uniti, è fondamentale un’azione politica ed economica forte e decisa.
Porteremo la nostra contrarietà alle istituzioni italiane ed europee e chiederemo a IndustriALL Europe di intensificare la mobilitazione sindacale affinché le istituzioni europee stanzino i fondi necessari, così come indicato anche nel rapporto elaborato da Mario Draghi su incarico della stessa Commissione Ue». Insomma, non era quello che ci si aspettava, soprattutto in un momento dove la parola dazio fa rima con strazio. Nonostante le premesse indichino come «Il settore automobilistico europeo sta affrontando una svolta critica, con rapidi cambiamenti tecnologici e una crescente concorrenza che pongono sfide significative. Per essere competitiva a livello globale, l’industria automobilistica europea deve riprendere con urgenza una posizione di leadership nella transizione verso veicoli più intelligenti (alimentati da intelligenza artificiale), più puliti e maggiormente connessi. L’Ue necessita di potenziare ulteriormente le proprie capacità industriali per le batterie e i loro componenti, nonché per il software e la tecnologia necessari, in particolare per i veicoli autonomi», le scelte compiute non hanno convinto.
Il Piano d’Azione si basa sul Dialogo Strategico sul Futuro dell’Industria Automobilistica Europea, un processo collaborativo e inclusivo lanciato dalla Presidente von der Leyen nel gennaio 2025. Sulla base dei feedback ricevuti durante questo dialogo strategico, il Piano d’Azione supporterà la transizione dell’intera industria automobilistica verso veicoli puliti, connessi e sempre più automatizzati, per garantirne la competitività internazionale. Per raggiungere questo obiettivo, il Piano affronterà cinque priorità chiave: innovazione e digitalizzazione, transizione verso una mobilità pulita, garantire la competitività e la resilienza della catena di approvvigionamento, migliorare le competenze e affrontare la dimensione sociale, garantire condizioni di parità e un ambiente imprenditoriale competitivo».