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sabato 26 Aprile 2025
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“Cu’ scherz e ca pazzie”, ricordi e nostalgia di una Termoli ‘antica’

TERMOLI. Eccoci ancora una volta a fare un viaggio nella memoria, ripensando a quando Termoli era un’altra città, non certo grande e popolata come oggi. Era una città che ancora portava le cicatrici del conflitto bellico, ma che, nonostante tutto, sapeva donare un senso di appartenenza e di calore a chiunque avesse avuto la fortuna di viverla.
Ebbene sì, chi vi scrive ha avuto quella fortuna. Oggi Termoli ha assunto l’aspetto di una bella e moderna cittadina, ma rivedere certe foto fa riaffiorare una struggente nostalgia. Quei tempi, forse, ci privavano di tante comodità, ma riuscivamo comunque a vivere felici, con poco, con quello che c’era, ma con un senso di comunità e semplicità che oggi sembra quasi svanito.
Abbiamo tra le mani quattro scatti fotografici custoditi presso l’Ufficio Cultura del Comune, immagini che raccontano con intensità com’era Termoli nell’immediato dopoguerra.
La prima foto ci offre una vista dal colle di Santa Lucia, quel rilievo che dominava il lungomare e la spiaggia. In quell’epoca, l’Hotel Rosary non era ancora stato progettato, e si possono vedere i termolesi e i turisti che d’estate affollavano il mare. Gli ombrelloni privati, variopinti e disposti senza un ordine preciso, contrastano con la disposizione odierna dei lidi, dove ogni stabilimento ha il proprio colore uniforme. Allora i lidi erano pochi: si intravede il Lido Anna e qualche cabina di legno. Dove oggi sorge il lungomare Cristoforo Colombo, allora c’era solo spiaggia libera, un camping e qualche chiosco-bar per rinfrescarsi. Il Borgo Vecchio appare magnifico e si nota come, rispetto a oggi, la distanza tra il Trabucco e la riva fosse molto maggiore: oggi saranno forse 25 metri, ma un tempo erano molti di più.
La seconda foto ritrae uno scorcio della spiaggia dalla parte del Lido Panfilo, con i vecchi casotti che fungevano da spogliatoi per chi doveva cambiarsi prima e dopo il bagno. Al Panfilo, in quell’epoca, si ballava e ci si divertiva molto, in un’atmosfera spensierata e autentica.
La terza foto è quella che più mi commuove, perché racconta la mia infanzia, i luoghi dove trascorrevo le giornate, dalla mattina alla sera, in strada, in piena libertà, prima di iniziare la scuola. La nostra “scuola dell’infanzia” era un po’ particolare: passavamo le mattinate a casa di due donne, Carmela e Lucia, che abitavano a MontCastill. Loro si prendevano cura di noi, permettendo alle nostre mamme di dedicarsi alle faccende domestiche. La foto immortala uno scorcio di “A mizz ‘u chiene“. Si intravede un pezzo di muraglione, la casa di fronte con i panni stesi e, sulla destra, la stradina che porta al vicolo più stretto d’Italia, la famigerata “Rijecell“. Scendendo verso il faro, si trovava la falegnameria di N’dine ‘u falegneme. Quel muro con una voragine aperta era il segno di una casa privata, mentre in lontananza si scorge il campanile della Cattedrale, ancora prima del restauro.
Infine, la quarta e ultima foto è un vero tuffo nel passato: uno scatto che due turisti inglesi vollero fare a un gruppo di scugnizzi del borgo, in tenuta estiva. Era agosto e alcuni di noi erano scalzi, in mutande o a petto nudo, con il costume da bagno. In questa foto ci sono anch’io: vediamo se riuscite a riconoscermi! Accanto a me si intravedono anche Padre Enzo Ronzitti, Nicolino Mucci (che purtroppo non c’è più) e altri di cui il tempo ha sbiadito i nomi. E come diciamo a Termoli: “Cu’ scherz e ca pazzie” (con lo scherzo e con il gioco), perché parliamo ormai di 66-67 anni fa. Ma rivedere queste immagini, questi luoghi e questi volti ci fa tornare giovani per sempre.

Michele Trombetta