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martedì 18 Novembre 2025
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«Se un ragazzo diventa un vero uomo di sport, avremo vinto tutti»

MONTENERO DI BISACCIA. Nel calcio giovanile, troppo spesso si assiste a episodi di tensione e comportamenti impulsivi durante le partite, che mettono a rischio i valori fondamentali dello sport, come il rispetto reciproco, la sana competizione e la crescita umana dei ragazzi. Questi comportamenti non solo danneggiano l’esperienza sportiva, ma rappresentano anche un campanello d’allarme per la necessità di un cambiamento nell’approccio educativo degli allenatori. È proprio per questo motivo che diventa urgente ripensare al ruolo dell’allenatore, puntando su una figura capace di educare, motivare e far crescere i giovani non solo come calciatori, ma come persone. In questo contesto si inserisce la lettera di Fabio De Risio, allenatore con patentino Uefa B, indirizzata al Presidente della Figc che sollecita un ripensamento delle modalità formative nel calcio giovanile.

«Egregio presidente Gravina, con questa lettera desidero parlarle di calcio giovanile, di ragazzi, di futuro. Una delle cose più importanti che ho imparato nello sport è che, prima di fare le cose, bisogna immaginarle.

Io le immagino così. Educare i giovani atleti deve essere il primo obiettivo di noi formatori.
Dal latino educere, il cui significato è “tirare fuori ciò che è dentro”.
Significa ribaltare l’abitudine, ormai consolidata, di far crescere i ragazzi fornendo continue indicazioni basate esclusivamente sulla propria esperienza. Un bambino non è un libro bianco su cui scrivere, ma un piccolo albero da accudire, rispettare e aiutare a crescere secondo la sua natura.

Immagino corsi per allenatori dove, prima ancora di sedersi in aula, venga insegnata la differenza tra vittoria e risultato. Un 2 a 1 è un risultato. Vincere, è un’altra cosa, è il cuore pulsante del nostro lavoro, ma solo se si conosce davvero il significato di questa parola.

Vincono gli allenatori che rendono felici i propri giocatori.
Vincono gli allenatori che insegnano il rispetto per l’avversario e per l’arbitro.
Vincono gli allenatori che sanno perdere.
Vincono gli allenatori che formano bambini che, da adulti, ameranno lo sport.
Vincono gli allenatori che sorridono davanti a un errore, perché sanno che l’errore è parte essenziale dell’apprendimento.

Signor presidente, questa è la strada maestra per crescere uomini migliori e, forse, anche futuri campioni. Bisogna investire nella figura dell’allenatore. Occorre ripartire da zero. Perché un cattivo maestro può condizionare per sempre la vita di un bambino. La filosofia deve essere una, chiara, condivisa. Non c’è spazio per chi pensa di allenare la Juventus, mentre in realtà allena ragazzi di 13 anni. Infine, la invito a porre fine alla cattiva abitudine di alcuni allenatori di relegare ragazzi in panchina senza mai farli entrare in campo nelle partite ufficiali. Estendete l’obbligo di far giocare tutti i ragazzi presenti in distinta in tutte le categorie del settore giovanile. Ogni ragazzo deve sentirsi protagonista. Sempre. Se un ragazzo di 17 anni, invece di alzare le mani contro un arbitro, diventerà un vero uomo di sport, allora sì che avremo vinto tutti».