GUARDIALFIERA. “Più che la fine di una guerra, auspichiamo la fine del principio di tutte le guerre” (Franklin Rooselvelt). E’ stato, stamattina, anche ’argomento d’una lunga chiacchierata per telefono con Enzo Cicchino, amico, giornalista e regista, ideatore e conduttore, nel 2010, de “la Grande Storia” di Rai 3.
Al tempo del “Centro Studi”, sistematicamente, giungeva a Guardialfiera – con Antonella Presutti – a rievocare di volta in volta ad un grande pubblico, le vicende epocali vissute e sofferte dall’umanità, durante il XX secolo.
La Sala Conedera veniva ornata da foto preziose di rara suggestione affidateci dalla “Biblioteca Romano” di Isernia, dalla “Albino” di Campobasso scattate dal grande Alfredo Trombetta, e da Stefano Leone, uomo di cultura con il cuore a Termoli e con la mente e gli occhi aperti al mondo.
Immagini che, con il loro immobile silenzio, riescono ancora a dirci ciò che le parole non potranno mai spiegare. E ci insegnano, con il loro silenzioso messaggio, come alla superficie della vita, c’è sempre un allegro sperare che resista all’urto. Ci dicono che nel cuore della disperazione, esiste la speranza nuova, superiore alle grandi negatività. Ci svelano che al di sopra dell’ultimo strato dell’ultima tragedia, c’è l’ultima fiducia.
E il ricordo e il discorso s’è accostato anche, con modestia, a quella tomba che aveva visto chiudere il corpo di un giustiziato, ma che è aperta, è vuota. “Non è qui”. Va cercato altrove; è in giro. Egli è dovunque, eccetto che fra le cose morte. Sta fra chi lo attende e lo accoglie.
<Sta – ho sottolineato ad Enzo Cicchino – sta nel senso profondo del nostro dialogare; sta in questo nostro stare insieme. Ad imprimerci ancora l’amicizia, e l’ìmpeto a comprendere lo stupore ed il valore della Pace; il coraggio di ripudiare “il principio di tutte le guerre” propugnato da quel popolare Presidente degli Stati Uniti. Sta qui in questo nostro imprevedibile culto telefonico, ad evocare spassionatamente vicende raccapriccianti e la felicità di vivere a Pasqua l’incredibilità dell’unico uomo Risorto.
Vincenzo Di Sabato