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martedì 4 Novembre 2025
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L’alternativa è Verde, l’impegno di Domenico Palazzo

TERMOLI. Un passato nei movimenti giovanili della sinistra radicale, una laurea in chimica farmaceutica, un ritorno consapevole nella propria terra per scegliere l’insegnamento e un nuovo impegno politico, più maturo, dentro Europa Verde. Domenico Palazzo (nella foto è a destra), 40 anni, originario di Guardialfiera, ma termolese d’adozione, è tra i volti emergenti dell’ecologismo politico molisano. Dopo un ruolo da protagonista nell’esperienza civica che aveva animato Termoli tra l’autunno 2023 e le amministrative 2024 – quando la coalizione “Alternativa Civica” aveva acceso per sei mesi un dibattito vivace prima di ritirarsi a causa della frammentazione del campo progressista – oggi siede nel Consiglio federale nazionale di Europa Verde e lavora al radicamento del partito nel basso Molise.

Lo incontriamo in una fase delicata ma promettente: nel pieno della campagna referendaria, con l’obiettivo di raccogliere consensi attorno ai cinque quesiti su lavoro e diritti, e in parallelo all’attività di costruzione di un circolo cittadino ecologista a Termoli, città dalla grande potenzialità ma – secondo Palazzo – oggi politicamente e culturalmente spenta. Con lui affrontiamo il senso dell’impegno ecologista in una regione considerata spesso marginale, ma anche il significato profondo della sfida verde nel panorama politico italiano.

Domenico, perché hai scelto Europa Verde e perché lo fai proprio in Molise?

«Perché oggi serve una forza politica ecologista, popolare, credibile. L’urgenza climatica, la disuguaglianza sociale, la crisi democratica sono questioni che non possiamo più ignorare. Ma attenzione: serve un ecologismo radicato nei bisogni quotidiani delle persone, non astratto. Europa Verde ha questo potenziale. Ed è importante che la sua presenza sia concreta anche nelle aree considerate periferiche come il Molise. Anzi, direi che proprio da qui bisogna ripartire: dai territori dimenticati, dalle aree interne, dalle piccole città in cui la politica ha smesso di ascoltare. Dove contano solo le clientele e gli equilibri di potere, e dove i giovani se ne vanno. Io ho scelto di tornare, e non per rassegnazione, ma per libertà».

Dopo l’esperienza di “Alternativa Civica” a Termoli, qual è oggi il tuo sguardo su questa città?

«Termoli dovrebbe essere un punto di riferimento per il basso Molise: una città di mare, di porto, con una vocazione industriale e turistica che potrebbe fare da traino per tutta l’area. Invece è diventata un territorio spento, privo di visione. Un tempo era un laboratorio politico, ora è un grande dormitorio stagionale. La politica si è ridotta ad amministrazione quotidiana, spesso personalistica, senza più orizzonti. Noi vogliamo costruire un’alternativa autentica: ecologista, progressista, aperta. Lo stiamo facendo coinvolgendo giovani, lavoratori, studenti, precari. Abbiamo attivato una rete di persone e puntiamo a costituire ufficialmente il circolo Europa Verde di Termoli entro l’estate. Vogliamo che il partito non resti chiuso in una sede ma viva nei quartieri popolari, nelle scuole, nei mercati. Vogliamo parlare ai delusi, a chi ogni giorno combatte per una sanità che funzioni, per un trasporto locale dignitoso, per difendere l’ambiente. In una parola: vogliamo rimettere al centro la giustizia sociale».

Quali sono le emergenze principali che vedi a Termoli e nel basso Molise?

«Sono tante. La prima è ambientale: la costa è ormai stravolta da interventi edilizi sbagliati, fatti senza una reale visione ecologica. Non esiste una strategia di adattamento climatico, né un piano di tutela del territorio. La mobilità sostenibile è inesistente. Si parla di piste ciclabili, ma non c’è un’idea organica di trasporto pubblico integrato. Il porto commerciale è sottoutilizzato: potrebbe diventare un punto strategico per la logistica green, la pesca sostenibile, la transizione energetica. Ma tutto resta fermo. Poi c’è l’emergenza sanitaria: il presidio ospedaliero è stato progressivamente svuotato. Mancano reparti, personale, servizi. Le persone devono spostarsi per curarsi, anche di centinaia di chilometri. È inaccettabile. La sanità pubblica è un diritto, non un privilegio. E infine c’è una desertificazione culturale evidente: Termoli ha bisogno di tornare a essere una città che pensa, che produce idee, che si interroga sul suo futuro».

A livello regionale, qual è la tua lettura della situazione politica? E del centrosinistra?

«Il centrosinistra in Molise ha bisogno di rigenerarsi davvero. Non si può pensare di rilanciarsi riproponendo le stesse dinamiche, le stesse figure, le stesse logiche calate dall’alto. Serve un’apertura autentica ai movimenti civici, alle esperienze sociali, ai giovani. Bisogna abbandonare le rendite di posizione e avere il coraggio di scegliere: non si può parlare di transizione ecologica e poi sostenere progetti di sviluppo incompatibili con l’ambiente. Non si può parlare di diritti e poi tacere di fronte allo smantellamento della sanità pubblica. Noi di Europa Verde vogliamo costruire un’alleanza larga, progressista, ecologista e sociale. Ma servono coerenza e visione. Non accetteremo ambiguità».

Come si può radicare l’Alleanza Verdi e Sinistra in territori come il Molise?

«Con il lavoro quotidiano. La politica non si fa solo nei talk show o in campagna elettorale. Servono sezioni, circoli, assemblee, formazione. Servono luoghi fisici e relazionali dove le persone possano incontrarsi, discutere, elaborare proposte. L’Alleanza Verdi e Sinistra può diventare la casa di chi oggi si sente fuori dalla politica tradizionale. Ma dobbiamo metterci in gioco davvero, abbandonare le liturgie autoreferenziali, coinvolgere chi non è mai stato dentro un partito. La nostra ambizione non è solo eleggere qualche consigliere: è cambiare il modo in cui si fa politica, dal basso».

Siete impegnati anche nella campagna referendaria. Cosa rappresenta per voi questa sfida?

«È una battaglia fondamentale. I cinque referendum proposti dalla Cgil parlano di diritti, di sicurezza, di giustizia sul lavoro. Temi che la politica istituzionale ha abbandonato da tempo. Noi di Europa Verde siamo impegnati con convinzione nella raccolta firme, nei banchetti, negli incontri pubblici. È un’occasione preziosa per tornare a parlare con le persone, per ascoltare i problemi reali. Termoli, con la sua storia operaia e industriale, non può restare a guardare. Deve essere protagonista. Questa campagna è anche un modo per riallacciare il filo con il mondo del lavoro, con i sindacati, con chi ogni giorno affronta precarietà, sfruttamento, insicurezza. E lo facciamo con spirito unitario, insieme alle altre forze dell’Alleanza e a tante realtà sociali e civiche».

Guardando al futuro, qual è secondo te la sfida più grande per l’ecologismo in Italia?

«La sfida è duplice. Da un lato, dobbiamo affrontare con urgenza la crisi climatica. Gli eventi estremi, l’innalzamento del mare, le alluvioni, la siccità sono sotto gli occhi di tutti, ma le istituzioni fanno finta di nulla. In Italia si continua a cementificare, a distruggere suolo, a investire in opere inutili. Dall’altro lato, dobbiamo far capire che la transizione ecologica non è una rinuncia, ma una straordinaria occasione di giustizia sociale, lavoro, innovazione. L’ecologia non è una questione da élite: riguarda tutti. Riguarda il cibo che mangiamo, l’aria che respiriamo, la salute, il costo delle bollette, la qualità della scuola. È una chiave per ridare senso alla politica. E proprio per questo, abbiamo bisogno di più Europa Verde. A ogni livello. Anche – e soprattutto – in Molise».

Emanuele Bracone