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mercoledì 21 Maggio 2025
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«Basta alle giovani vite spezzate sulle strade»

TERMOLI. In un momento storico in cui la violenza sembra diffondersi con sempre maggiore rapidità, un giovane di quasi 18 anni, Nicola Di Toro, esprime il suo profondo disagio e la sua indignazione riguardo agli episodi di cronaca che scuotono la nostra società. Con un linguaggio diretto e sincero, Di Toro denuncia l’apatia e l’indifferenza che sembrano caratterizzare le reazioni di fronte a tragedie evitabili, invitando alla riflessione e all’azione. Le sue parole non sono solo un grido di allarme, ma anche un invito a ripensare il nostro impegno verso la giustizia e il rispetto per la vita.

«Ore 11:04.
Mentre sono davanti al mio Pc, intento a lavorare ai miei progetti, a inseguire i miei obiettivi, a Monreale i miei coetanei piangono Salvatore, Massimo e Andrea. Tre ragazzi. Tre innocenti. Tre vite strappate per una lite banale, degenerata in una pioggia di colpi di pistola.

Una strage. Sì, una strage. Ma non una di quelle che ti lascia senza parole perché inaspettata. No, ormai ci stiamo tristemente abituando. Episodi simili si moltiplicano, i nomi delle vittime cambiano, ma il copione è sempre lo stesso. E intanto, tra le strade dei nostri paesi e delle nostre città, il sangue continua a scorrere. E noi? Zitti. Indifferenti. Omertosi.

Chi parla di effetto “Gomorra”, chi parla di voglia di potere, di rispetto guadagnato con la forza. Ma la verità è che non c’è nulla di forte in chi spara. C’è solo vuoto. Inferiorità. Fragilità mascherata da violenza. Sono il fallimento della nostra società. Sono lo scarto. E quel vuoto, qualche giorno fa, ha inghiottito tre vite.

Pensate che questo non possa succedere anche qui, da noi, in Molise? Illudetevi pure. Ma sappiate che manca poco. Manca davvero pochissimo. E poi ci ritroveremo anche noi a contare le vittime. Succederà davanti ai nostri occhi.

E la giustizia? Quella vera, dura, definitiva? Sparita. Il carcere a vita è ormai una favola. Buona condotta, attenuanti, benefici. Così chi uccide si fa, forse, vent’anni. E magari poi ride in faccia alla memoria delle sue vittime, come nel caso dell’omicida di Santo Romano: “20 anni me li faccio seduto sul cesso“, ha scritto.

Io non mi sono limitato a indignarmi. Ho scritto, ho parlato, ho cercato risposte. Ho incontrato il Prefetto. Ho lanciato appelli alle istituzioni. Ma non basta se restiamo soli.

Dobbiamo unirci, da Nord a Sud, senza distinzione di città o di regione.
Perché oggi piangono tre ragazzi. Ma uno di quei tre, potevo essere io.
O tuo figlio. Tuo fratello. Il tuo migliore amico».