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lunedì 19 Maggio 2025
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Ramitelli Airfield: storia, arte e memoria del secondo conflitto mondiale

CAMPOMARINO. Terminate le celebrazioni, con un ricco calendario, per l’80° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale in Europa, è doveroso da parte mia ringraziare l’amico Giuseppe “Peppino” Marini per aver fatto conoscere un importante pezzo di storia locale, ma soprattutto per le bellissime camminate (e panoramiche spettacolari) nei luoghi che hanno visto Campomarino protagonista durante il secondo conflitto mondiale, tra il 1943 e il 1945, con la presenza di cinque campi di aviazione sul proprio territorio (Biferno, Canne, Nuova, Madna e Ramitelli).

Nella tre giorni del “VE-Day”, lo storico Peppino (studi e ricerche iniziate nel 2000) è riuscito a divulgare, con grande professionalità, le vicende locali, coinvolgendo attivamente i numerosi partecipanti all’evento.

Camminare e visitare i luoghi storici della guerra è stata un’esperienza molto toccante e significativa, anche grazie alla presenza dei parenti degli aviatori provenienti da diverse nazioni: Canada, Sudafrica, Grecia, Stati Uniti, Italia. Particolarmente emozionante è stata la partecipazione delle figlie di due piloti dei Tuskegee Airmen, spesso soprannominati Red Tails “Code Rosse”, reparto creato per addestrare i piloti di caccia afroamericani dell’esercito statunitense.

Molto interessante la mostra “La Storia chiama l’Arte”, allestita all’interno dello stabile del Ramitelli Airfield, che all’epoca fungeva da Intelligence e Briefing Room del 332° gruppo caccia dei Tuskegee Airmen. Quattro artisti molisani di grande rilievo — Nino Barone, Elio Cavone, Renato Marini e Sara Pellegrini — hanno voluto rappresentare e ricordare i luoghi simbolici, ispirandosi e plasmando opere d’arte intense e suggestive.

Il Ramitelli Airfield è l’unico stabile ancora accessibile tra quelli esistenti all’epoca e ha avuto una grande rilevanza storica, poiché vi si riunivano i piloti del 332° gruppo per i briefing pre-missioni. Prima dell’evento, solo gli studenti delle scuole locali avevano avuto il privilegio di visitarlo.

Sulle vecchie mangiatoie laterali (quella di destra è stata abbattuta, ma i segni sono ancora visibili), i piloti si sedevano coprendole con tavole di legno, accanto ai banchetti che venivano posizionati al centro. Poco distante c’è una strada della segregazione: bianchi e neri non potevano superarla, erano divisi fisicamente, ma uniti dallo stesso obiettivo militare, ovvero sconfiggere il nazismo. Un contrasto evidente tra unità operativa e divisione sociale.

Oltre ai Tuskegee Airmen, il pensiero va anche ai tanti piloti alleati che si riunivano in questi edifici prima delle missioni, spesso consapevoli del pericolo e del rischio di non fare ritorno. Il Ramitelli Airfield è diventato simbolicamente il luogo della riconciliazione, dove si sono abbattuti i muri della segregazione razziale, superando una delle pagine più oscure della storia americana.

“Madna e Ramitelli” furono due campi di aviazione fondamentali per la storia dell’Air Force statunitense. Senza di essi, probabilmente, non ci sarebbe stata l’integrazione nelle forze armate americane.

Altra forte emozione è stata la visita all’Headquarter del Ramitelli Airfield, dove arrivavano i comandi del 15° Air Force pugliese. Da lì, gli ufficiali trasmettevano gli ordini all’Operation Building. Dal sito oggi diroccato è ancora visibile la prima finestra in alto a sinistra, che ospitava l’ufficio del Generale Benjamin O. Davis. All’interno c’erano anche un teatro, una sala per le funzioni religiose e, alle spalle, il club ufficiali, costruito dagli stessi militari.

La pianura circostante, con il suo paesaggio suggestivo e intatto, è molto simile a quello che videro i piloti durante la guerra. Salendo lungo un sentiero si è potuto ammirare l’intero Ramitelli Airfield dall’alto, regalando ai presenti un momento di commozione indescrivibile.

Giuseppe Marini, grazie anche alla collaborazione con le varie amministrazioni comunali, è riuscito in questi anni a salvare la memoria storica di quegli eventi. Il suo impegno ha permesso di coinvolgere studenti e docenti, di realizzare progetti didattici, e di posare targhe marmoree in luoghi simbolici “per non dimenticare”.

Infine, un consiglio personale all’amico Peppino: dopo tanto lavoro e approfondite ricerche, la pubblicazione di un libro rappresenterebbe una tappa fondamentale per il suo instancabile impegno.

Un doveroso ringraziamento va anche al comitato cittadino per l’ottima organizzazione e all’amministrazione comunale per il prezioso supporto.

“Campomarino, città dei piloti neri”.

Emilio Beltotto